Stephane Charbonnier detto Charb: il direttore di Charlie Hebdo nell’illustrazione di Alessandro Marchese
“Si può uccidere un uomo non le sue idee” era solito dire Thomas Sankara, il “Président du Faso”.
Mai parole furono più azzeccate. Si può avere il coraggio o l’incoscienza delle proprie azioni, si può subire e far ritorcere contro se stessi l’arma stessa del proprio combattere. Si può e si deve avere la forza di sostenere le proprie ragioni e i valori per cui si combatte anche dalle pagine satiriche e dissacranti di un giornale. Perché si sa che un sorriso è un’arma di costruzione di masse anestetizzate dalla barbarie di una società piegata alle ragioni del singolo, soffocata dall’individualismo e bisognosa di martiri, esempi di antialienazione, antidoti al veleno dell’indifferenza. Si è detto che le pagine di Charlie Hebdo “hanno esagerato”, che se ti toccano la mamma tu rispondi con un pugno. Ebbene non ci sono pugni capaci di abbattere un’idea e non ci sono mamme che approverebbero quei pugni. Non ci interessa se Stephane Charbonnier e compagni siano un esempio da seguire per le loro idee, si può essere d’accordo o si può dissentire sul modo e sul contenuto delle vignette satiriche ma non si può ignorare la fermezza nel perseverare su un cammino irto di ostacoli – come l’incendio della sede del giornale del 2007 – a riprova che la mamma di Charb deve avergli insegnato a non mollare mai.
Cinzia Accetta