"Samba"

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Dopo il fortunatissimo e felice “Quasi amici”, i registi Olivier Nakache ed Eric Toledano raccontano l’impossibilità dell’integrazione in una Francia e in un’Europa chiuse nei confronti di un autentico multiculturalismo. In equilibrio (non sempre impeccabile sul piano della sceneggiatura) tra commedia ed elementi drammatici, e con qualche momento narrativo meno riuscito, “Samba” risulta comunque un buon film che riesce a cogliere elementi universali e legati al contesto storico e sociale. Spiccano il tema del conflitto di classe (si veda l’intelligente piano sequenza iniziale) e quello della clandestinità esistenziale e della perdita d’identità, che attanagliano coloro ai quali non è riconosciuto lo status di cittadini, a causa delle legislazioni contro i migranti.

Omar Sy (già in “Troppo amici” e soprattutto in “Quasi amici” del duo Toledano-Nakache) e Charlotte Gainsbourg (“Pranzo di Natale”, “Nuovomondo”, “Antichrist”) funzionano più a livello individuale che come coppia, sul piano dell’attrazione e dei sensi, mentre il finto brasiliano impersonato da Tahar Rahim (“Il profeta”, “Il passato”, “Il padre”) aggiunge verve al tono della storia.

Nel complesso, con l’intento di narrare i problemi del senegalese Samba (senza permesso di soggiorno) e della nevrotica francese (alienata dal troppo lavoro e dalla solitudine occidentale) Alice, il film alterna una fotografia realistica, alcuni momenti divertenti e delle situazioni più classiche da commedia che stimola a riflettere. Come in “Quasi amici”, le musiche originali sono firmate da Ludovico Einaudi. Non tutto è perfetto ma “Samba”, ben diretto e ben interpretato, merita di essere visto. Si percepisce, nelle pieghe, un’idea del cinema e del mondo, dei rapporti sociali e delle sfumature degli esseri umani, non convenzionale.

Marco Olivieri

Dal settimanale “Centonove”.

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