di Alfredo Nicotra
Sul corpo e sull’opera di Pasolini si sono succedute metodologie e prospettive critiche che hanno privilegiato, in ultima fase, aspetti un tempo ritenuti eversivi: la forma incompiuta dei suoi testi, la presenza ossessiva in essi dell’autore, il loro essere debordanti. Seguendo il filo cronologico della sua produzione, aggiornata ai nuovi sviluppi del dibattito, Filippo La Porta stabilisce un confronto con le letture consolidate del poeta-saggista, da Berardinelli a Carla Benedetti, da Siti a Tricomi, fino alle più recenti analisi, senza rinunciare a formulare un’interpretazione inconsueta e originale, diversa da quelle già proposte dalla critica. Emerge una figura “ingombrante, discussa e scandalosa” che “sfugge a categorie univoche” e semplificatrici e che investe un’opera multiforme e diseguale nel valore. A partire dalla sua formazione friulana fino alle tendenze sperimentali della “poesia verso la prosa” degli anni settanta e all’adesione stilistica al non finito del “romanzo” Petrolio, il critico ascrive la genesi di quest’opera a una originaria quanto ontologica sensibilità gnostica che pone l’“opposizione tra reale e irreale” a capo di tutte le sue future contraddizioni. Tutte le dicotomie di Pasolini ‒ passione e ideologia, sublime e corruzione, senso del sacro e della modernità, violazione dello stile attraverso la commistione degli stili, amore disperato per la realtà e l’idea estetica che ne deriva, a cui consegue la predisposizione verso la frammentazione e il carattere irrisolto dei suoi ultimi lavori, ‒ sono indagate e spiegate non per una supposta aderenza a valori puramente estetici ma perché l’incompiutezza è la qualità specifica della realtà. Per queste ragioni le sue poesie diverranno “articoli di poesia”, “poemetti ideologici in prosa”, al fine di catturare una realtà ormai sul punto di sfibrarsi. Così come opporrà il tema del sacro (“categoria centrale in tutta l’opera”) al vuoto lasciato dal “drago dell’irrealtà” nell’epoca postmoderna. Non è consuetudine di una monografia ampliare di fronte al proprio oggetto di studio l’orizzonte della sua analisi sui problemi generali che investono la nostra contemporaneità. Con questo Profilo (appartenente alla serie Profili di storia letteraria, volumi introduttivi ai grandi autori della tradizione letteraria italiana, curata da Andrea Battistini), che si aggiunge alla messe di saggi prodotta su Pasolini negli ultimi anni, La Porta riesce a dipanare i temi che stringono la nostra epoca, misurando attraverso la letteratura, e la ricerca di un senso che ne dimostri ancora l’attualità, il progressivo impoverimento della nostra società. Certamente è la complessità di questo oggetto di studio, il carattere “polisemico” di Pasolini, a offrirsi a letture molteplici e a molteplici livelli interpretativi. Le sue dichiarazioni contro lo “Sviluppo” rivelano una correttezza di analisi non sempre sottolineata dalla critica, come si nota nel paragrafo Pasolini e gli economisti. La sua contrarietà allo sviluppo onnivoro dell’attuale sistema neocapitalistico anticipava le riflessioni che oggi si muovono contro l’egemonia della finanza. In contrasto con l’idea diffusa di un poeta reazionario e antiprogressista, le “profezie” di questo radicale sovversivo giungono a interrogarci fino ai nostri giorni.
Filippo La Porta, Pasolini. Profili di storia letteraria, a cura di Andrea Battistini, pp. 166, € 14, Il Mulino, Bologna 2012.
L’ha ribloggato su Gianluca D'Andrea.