di Marta Cutugno
Messina: Grande riscontro di pubblico al Vittorio Emanuele per il balletto “Lo Schiaccianoci” su musiche di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Cinque repliche da giovedì 17 a domenica 20 dicembre (doppio spettacolo) in cui è stata registrata, per tutte le messe in scena, un’ affluenza vicina, se non aderente, al tutto esaurito. La favolosa compresenza di animato ed inanimato ha trovato espressione (primo spettacolo di domenica) nella fine arte coreutica di Denis Rodkin e Anna Tikhomirova, special guests del Teatro Bol’šoj di Mosca, e del Balletto dell’Opera di Sofia. In buca l’Orchestra del Teatro Vittorio Emanuele diretta dal maestro Grigor Palikarov.
“Lo Schiaccianoci” op. 71 giunse alla storia il 5 dicembre del 1892 al Teatro Marinskij di San Pietroburgo. Il libretto di Marius Petipa trovò ispirazione nel “Nussknacker und Mausekönig” di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann, nella versione francese di Alexandre Dumas padre, che eliminò i tratti più cruenti dell’originale.
Dopo l’ouverture eseguita a sipario chiuso, nel corridoio stretto dallo sfondo grigio corredato da soffici fiocchi di neve e luci blu, amici e parenti si avviano verso casa Stahlbaum per la festa della Vigilia di Natale. Lo zio Drosselmayer – classico personaggio hoffmaniano corrispondente a mago, scienziato, burattinaio, inventore, ipnotizzatore – ha donato a Clara, nipote prediletta, uno schiaccianoci, arnese giocattolo in forma di soldatino, che il fratello Fritz per dispetto rovina e rompe. La festa volge al termine e tutti fanno rientro nelle proprie case; Clara va a dormire abbracciando a se il suo schiaccianoci rotto, finalmente può aprirsi la dimensione fantastica del sogno e tutto accanto a lei, personaggi ed eventi, conquistano palpito di vita: le bambole meccaniche danzano, si consuma la battaglia contro il Re Topo ed il suo esercito ed il Valzer dei soffici fiocchi di neve chiude il primo atto. Poi l’azione si sposta nel castello magico sulla montagna dei dolciumi: seguono le sei danze del divertissement che precedono il Valzer dei fiori impreziosito dai costumi lavanda e argento, il matador e la ballerina con ventaglio nella danza spagnola, le danze araba, cinese e russa dalle caratteristiche movenze in stile. Il pubblico resta rapito dinanzi il pas de deux del principe e della fata confetto che culminerà nel Valzer finale e nell’Apoteosi.
Grazia, eccellente tecnica e padronanza della scena caratterizzano la performance dei due solisti Rodkin e Tikhomirova che raccolgono meritati consensi e continui applausi. I ballerini dell’Opera di Sofia, seppur molto preparati, non brillano in eccellenza tecnica, soprattutto per quanto concerne la componente maschile ma portano a termine lo spettacolo in modo più che gradevole. La magia del sogno e della favola si elevano anche grazie all’elegante leggerezza dei costumi che aggiungono un tocco di classe e compensano abbondantemente il tono cupo e povero delle scene. L’Orchestra del Vittorio Emanuele raggiunge ottime sonorità soffrendo, talvolta, di squilibrio nei volumi tra fiati ed archi a discapito dei secondi. Chiara e corretta la direzione del maestro Grigor Palikarov che, tuttavia, risulta priva di particolare slancio.
Rincuora ed apre spazi di opportuna riflessione la massiccia e variegata partecipazione di pubblico: i numerosi giovani e soprattutto i moltissimi bambini presenti lasciano sperare che l’amore ed il gusto per il Bello che ha fatto storia, possano ancora sopravvivere in tempi ormai votati al nulla offerto da personaggi del momento.