Ad agosto Carteggi Letterari si prende una pausa e sospende la programmazione ordinaria. Riproporremo post apparsi nel secondo anno di attività. Un ricordo di Günter Grass firmato da Cinzia Accetta (pubblicato il 14 aprile 2015).
di Cinzia Accetta
E’ morto all’età di 87 anni Günter Grass, uno dei più importanti scrittori della Germania del Novecento, al centro della cultura tedesca dal 1959 fino a oggi, leader del ’68, Nobel per la pace nel 1999. Il suo romanzo più bello s’intitola “Rinuncio” (2014), le poesie più significative sono radunate nella raccolta “L’era del ferro”. Grass esordì nel 1956 con la raccolta di poesie Die Vorzüge der Windhühner ma ottenne successo in tutto il mondo con il romanzo Die Blechtrommel (Il tamburo di latta), in cui è ripercorsa la storia della Germania nazista (seguirono, come parte di una trilogia ambientata a Danzica anche Gatto e Topo eAnni di cani). E’ stato l’intellettuale più criticato per il suo pensiero politico e le sue posizioni contro Israele, espresse nel 2012 in una celebre poesia dal titolo “Ciò che va detto”.
L’uomo è la sua poesia e la poesia scandaglia l’animo dell’uomo/poeta
La mia macchina
Tardi, dicono, troppo tardi.
In ritardo di decenni.
Annuisco: sì, ce n’è voluto
prima che trovassi parole
per l’usurata parola vergogna.
Accanto a tutto ciò che mi rende riconoscibile
ora mi rimane appiccicata una macchia,
netta quanto basta
per gente
che indica con dito senza macchia.
Addobbo per gli anni che restano.
O forse si doveva provare il travestimento,
stendere il velo pietoso?
D’ora in poi mi circonderebbe la quiete
in mezzo a rane gracidanti.
Ma già dico sì, no e nonostante.
Non si può mascherare
il torto sanzionato.
Mai troppo tardi ciò che fu ed è
viene chiamato per nome.La macchia vincola.
Litigio
Quattro uccelli litigarono.
Quando l’albero fu tutto spoglio,
venne Venere travestita da matita
e, in bella grafia,
appose la firma sull’Autunno,
cambiale in scadenza di turno.
Il poeta
Malvagio,
come malvagi sanno esserlo solo i caratteri Sütterlin,
si spaparazza su carta lineata.
Tutti i bambini stanno lì a leggerlo
e poi scappano via
e lo raccontano ai coniglietti
e i coniglietti muoiono, si estinguono…
Per chi dunque l’inchiostro, se non ci saranno più coniglietti?
Ciò che va detto
Perché taccio, passo sotto silenzio troppo a lungo
quanto è palese e si è praticato
in giochi di guerra alla fine dei quali, da sopravvissuti,
noi siamo tutt’al più le note a margine.
E’ l’affermato diritto al decisivo attacco preventivo
che potrebbe cancellare il popolo iraniano
soggiogato da un fanfarone e spinto al giubilo
organizzato,
perché nella sfera di sua competenza si presume
la costruzione di un’atomica.
E allora perché mi proibisco
di chiamare per nome l’altro paese,
in cui da anni — anche se coperto da segreto —
si dispone di un crescente potenziale nucleare,
però fuori controllo, perché inaccessibile
a qualsiasi ispezione?
Il silenzio di tutti su questo stato di cose,
a cui si è assoggettato il mio silenzio,
lo sento come opprimente menzogna
e inibizione che prospetta punizioni
appena non se ne tenga conto;
il verdetto «antisemitismo» è d’uso corrente.
Ora però, poiché dal mio paese,
di volta in volta toccato da crimini esclusivi
che non hanno paragone e costretto a giustificarsi,
di nuovo e per puri scopi commerciali, anche se
con lingua svelta la si dichiara «riparazione»,
dovrebbe essere consegnato a Israele
un altro sommergibile, la cui specialità
consiste nel poter dirigere annientanti testate là dove
l’esistenza di un’unica bomba atomica non è provata
ma vuol essere di forza probatoria come spauracchio,
dico quello che deve essere detto.
Perché ho taciuto finora?
Perché pensavo che la mia origine,
gravata da una macchia incancellabile,
impedisse di aspettarsi questo dato di fatto
come verità dichiarata dallo Stato d’Israele
al quale sono e voglio restare legato.
Perché dico solo adesso,
da vecchio e con l’ultimo inchiostro:
La potenza nucleare di Israele minaccia
la così fragile pace mondiale?
Perché deve essere detto
quello che già domani potrebbe essere troppo tardi;
anche perché noi — come tedeschi con sufficienti
colpe a carico —
potremmo diventare fornitori di un crimine
prevedibile, e nessuna delle solite scuse
cancellerebbe la nostra complicità.
E lo ammetto: non taccio più
perché dell’ipocrisia dell’Occidente
ne ho fin sopra i capelli; perché è auspicabile
che molti vogliano affrancarsi dal silenzio,
esortino alla rinuncia il promotore
del pericolo riconoscibile e
altrettanto insistano perché
un controllo libero e permanente
del potenziale atomico israeliano
e delle installazioni nucleari iraniane
sia consentito dai governi di entrambi i paesi
tramite un’istanza internazionale.
Solo così per tutti, israeliani e palestinesi,
e più ancora, per tutti gli uomini che vivono
ostilmente fianco a fianco in quella
regione occupata dalla follia ci sarà una via d’uscita,
e in fin dei conti anche per noi.
L’ha ribloggato su Cinzia Accetta.
L’ha ribloggato su Gianluca D'Andrea.