di Marta Cutugno
Oggi la rubrica Parterre (9) ospita “Obscure Gleams“, il disco di Giovanni Alibrandi e Francesco Lipari. “Obscure Gleams“, pubblicato il 16 marzo 2015 dalla Diaphonia Edizioni, contiene sei brani, tre per autore, nati da un interessante ed attento lavoro di elaborazione del suono a partire da diverse fonti: field recording (registrazioni ambientali), campionatori, registrazione di strumenti classici (flauto traverso, violino, pianoforte), sintetizzatori analogici e digitali, voci recitanti.
Le sei tracce mantengono particolare autonomia di significati e risultano, allo stesso tempo, parte di un unico flusso sonoro. Commistioni stilistiche tra elettroacustica ed ambient si fondono ad evocazioni di dolorosi fatti di cronaca (la rivolta di Teheran del 2009 e l’assedio israeliano di Gaza nel 2008): racconto in musica che implica riflessione ed immersione nei contrapposti e numerosi stati d’animo che scaturiscono all’ascolto.
Da un audio-trailer che si può ascoltare su SoundCloud , è possibile cogliere in anteprima il forte carattere di questo disco, interamente reperibile su: cdbaby.com Amazon darkmp3.ru Spotify deezer.com emusic.com e iTunes.
Per ulteriori informazioni, visitare il sito di Diaphonia edizioni
~DISCOINTERVISTA~
Per meglio comprendere le intenzioni che stanno dietro la lavorazione di questo disco ed approfondirne i contenuti, abbiamo rivolto alcune domande agli autori:
1) Partiamo dal titolo che non fa da eco a nessuno dei titoli delle tracce presenti nel disco. Giovanni, perchè “Obscure Gleams”?
Giovanni Alibrandi:”Obscure Gleams”, in traduzione italiana, significa “bagliori oscuri”. Questo titolo è stato scelto da me e Francesco in quanto sintetizza l’atmosfera generale che si respira nel passare da un brano all’altro… Un carattere crepuscolare, con molte increspature di vario genere, nel quale anche i pochi accenni alla luminosità nel sound trasmettono inquietudini che ci derivano dalla nostra visione del mondo, di ieri come dell’oggi”.
2) Francesco, le tue composizioni, in “Obscure Gleams”, uniscono ricerca e sperimentazione musicale a denuncia sociale e riflessione: come sei giunto ad una così profonda simbiosi?
Francesco Lipari: “L’aspetto relativo alla ricerca nasce dalla mia formazione musicale unita ad una profonda curiosità verso ciò che è nuovo. Mi rifiuto di pensare che l’uomo di oggi non sia in grado di concepire delle idee nuove perché già tutto è stato fatto. E neanche credo che l’atteggiamento migliore sia sentirsi incastrati da una tradizione a cui comunque dobbiamo pur sempre una venerazione quasi religiosa. Dalla musica elettronica ho sfruttato la possibilità di usare suoni concreti, tratti dalla vita quotidiana, che possono veicolare un significato preciso. La musica è un’arte il cui significato coincide con la forma. Una scala, ad esempio, è una successione di suoni che non significa nient’altro che se stessa, mentre la parola pane, nel suo contenuto fonetico, indica un oggetto determinato e convenzionalmente riconosciuto.
Il rimando a situazioni concrete, pur senza far mancare la poeticità, permette all’ascoltatore di esercitare il pensiero, attraverso la forma musicale, su particolari situazioni storiche che erano attualità in quel periodo”.
3) Francesco, in queste “preghiere in musica” che mescolano reale e surreale, quali sono gli elementi tecnici, gli effetti che si sovrappongono e alternano?
Francesco Lipari: “Le preghiere in musica alle quali ti riferisci sono quelle di Trenodia per delle vittime innocenti. Ho preso alcuni versetti dal libro dei Salmi e li ho giustapposti in modo libero. Ovviamente si tratta di passi nei quali si esprime il dolore a causa dell’ingiustizia e della sopraffazione degli “stranieri”. Gli effetti usati sono semplicissimi, ma a mio avviso efficaci: continuo passaggio stereofonico delle voci da destra a sinistra come una forma di capogiro. Poi il fading, un effetto tipico che era comune nelle radio che trasmettevano su onde corte (sono un radioamatore e questo è comune nelle frequenze adoperate per questo scopo), nel quale la voce aumenta e diminuisce di volume sino a quasi non sentirsi”.
4) Quali sono i maestri di riferimento che, con la loro opera, hanno avuto maggiore incidenza sulla vostra produzione?
Giovanni Alibrandi: “Nel corso degli anni numerosi sono stati i miei ascolti in questo campo, ma ritengo di poter citare quattro Maestri in ordine temporale: Karlheinz Stockhausen, Jonathan Harvey, Brian Eno e il più giovane di tutti che è Christian Fennesz”.
Francesco Lipari: “In questi lavori, paradossalmente, il maestro è stato Pier Paolo Pasolini, che musicista non era. La sua intelligenza profetica mi ha sempre segnato. Avere un maestro ovviamente non significa imitazione pedissequa, ma alimentare la propria interiorità per esprimere una visione del mondo propria. In Sententia, il più recente dei tre brani, emerge maggiormente un’attenzione ad alcuni aspetti musicali che mi ha trasmesso Alessandro Solbiati, il compositore che mi ha insegnato praticamente tutto quel che so attorno al comporre”.
5)Giovanni, in che percentuale elettroacustica, ambient e sonorizzazioni d’arte si impossessano delle tue composizioni in questo disco?
Giovanni Alibrandi: “Difficile dare delle percentuali, forse anche non così rilevante per chi ci legge… Che spero si goda l’ascolto di questo lavoro al di là di qualsiasi barriera di genere. Certamente posso affermare con sicurezza di avere un bagaglio di “musica d’ambiente” in testa da più tempo, rispetto alle altre due categorie che tu citi, per questioni di predilezione personale che risalgono a quando ho iniziato ad approcciare la Computer Music”.
6) La passione di entrambi per elettronica ed ambient non è recente, al contrario ha già dato altri frutti discografici in passato. Se non erro, infatti, Giovanni, questo non è il tuo primo disco di elettronica. Che evoluzione hanno subìto le tue scelte compositive e stilistiche nel tempo?
Giovanni Alibrandi: “Si, ho già prodotto degli album, reperibili sul Web con un mio pseudonimo che è The Vanhalia Project, e personalmente la mia traiettoria si evolve tuttora con delle oscillazioni. Ad esempio, mi capita di ricevere delle commissioni per brevi sonorizzazioni che si contaminano con un certo tipo di sonorità “new age”… Certamente sono abbastanza soddisfatto delle migliorie che sono riuscito ad ottenere sul suono globale, sull’inserimento di procedimenti e rumoristiche tipiche dello sperimentalismo del Novecento. La vera sfida, che sento di affrontare ogni giorno, è però forse quella della forma. Coniugare l’apparente casualità di apparizione degli elementi sonori con dei calcoli effettivi, accurati, che non siano apprezzabili dall’ascoltatore medio ma che tuttavia esistono. In questo, certamente, lo studio delle opere di Brian Eno è quello che mi accompagna con regolarità”.
7) In qualità di professionisti, strumentisti, compositori ma soprattutto docenti, nei tempi che corrono, tempi in cui le leggi del mercato eleggono un prodotto più per commerciabilità che per qualità, quanto ed in che modo questo genere musicale può incontrare l’interesse e il favore del grande pubblico?
Giovanni Alibrandi: “Innanzitutto siamo ben consapevoli del fatto che il nostro disco ha un pubblico potenziale molto ristretto. I dischi sono ormai dei manufatti con poco mercato, limitato magari ai veri appassionati del suono per come lo si è inteso in fase di creazione… Ma sono anche dei veicoli che portano a conoscenza di un pubblico, anche ristretto, la propria opera. E in ogni caso, nonostante la tendenza al commerciale e alla mercificazione della musica, in giro c’è anche tanta curiosità per le nuove sonorità, forse anche per stanchezza nei confronti di ciò che viene passato in radio o alla TV. Abbiamo in programma anche esecuzioni dal vivo, stilisticamente affini ai brani di “Obscure Gleams”, più altri progetti discografici… Siamo fiduciosi e dobbiamo esserlo, nei confronti dei giovani ma non solo”.
Francesco Lipari: “Cosa si intende per pubblico? Il discorso sarebbe lungo. Un giovane può ascoltare un brano di Jovanotti e un’ora dopo un brano di Ligeti senza che ciò sia considerato incoerente. Semplicemente perché si tratta di due cose totalmente diverse e non comparabili, ma al contempo il giovane dell’esempio è pubblico sia di Jovanotti che di Ligeti. Quindi, se per pubblico giovane si intende un target di persone nate negli ultimi 30-40 anni che non si accontentano di pensare che la musica sia solo intrattenimento – perchè solo in questo caso esiste l’interesse dell’industria musicale – ma anche arte, allora il problema decade. I giovani che si accostano alla dimensione artistica della musica sono assetati di novità, incuranti del conformismo. Un giorno ricordo che è entrato da un mio amico libraio un giovane mentre stavamo ascoltando dei brani per flauto solo di Salvatore Sciarrino, un compositore non certo neomelodico! Eppure il giovane si è avvicinato per chiedere che brano fosse, confessando di non conoscere questo mondo sonoro che lo aveva affascinato a prima vista. Noi compositori dobbiamo riuscire a far conoscere al potenziale pubblico che esiste un mondo musicale diverso, che non costringe a nessuna abiura rispetto a quello che si ama ascoltare, ma solo un po’ di tempo in più per essere fruito.
Ovviamente, ognuno di essi ha i propri gusti soggettivi sui quali è impossibile far cambiare idea. Insomma, dobbiamo rassegnarci che la musica che scriviamo riscontrerà il favore solo di una stretta minoranza. Ma è il prezzo necessario da pagare per esprimersi in modo assolutamente libero”.
Giovanni Alibrandi è violinista, docente presso le scuole statali e compositore di musica ambient e acusmatica. Ha al suo attivo numerosi concerti per conto di festival e associazioni di rilievo, sia da solista che in formazioni da camera.
Autodidatta per quel che concerne l’informatica musicale, nel campo della popolare music ha lavorato con Noa, Lucio Dalla, Franco Battiato, Katia Ricciarelli, Edoardo Bennato, Ennio Morricone, Nicola Piovani, Tony Brundo, Paolo Buonvino, Isola, Ute Lemper, Pippo e Melo Mafali, Faber Quartet.
I suoi primi lavori sono musiche per letture poetiche ed alcuni jingles per siti internet. Con i brani “Abstractio”, “De Profundis” e “Ogni sera” vince diversi riconoscimenti all’interno della community GarageBand.com (Track of The day, Best Programming, Best Mood in Ambient, Potential Soundtrack). Alcuni suoi lavori vengono regolarmente trasmessi dalle web radio Tangerine Dream Fans Zone StillStream, Taukay e IMRadio.
Autore di brani di musica elettronica con l’aggiunta di violini acustici ed elettrici, pubblica per le etichette aReW Recordings, PomodoroStudio/Always Records, Enough Records, Proc-Records, PublicSpace Lab e Diaphonia. Ha inciso per Warner, Universal, Carosello, CNI Compagnia Nuove Indie e per RAI, RAI International, Canale 5 e Sky Classica.
È docente di ruolo presso le scuole secondarie ad indirizzo musicale della provincia di Catania dal 2011 ed è autore di numerose pubblicazioni di brani originali, trascrizioni e revisioni per le edizioni UniService e Diaphonia.
DISCOGRAFIA ESSENZIALE:
2009 – The Vanhalia Project / The Sundog Project (LP – split release) – EnoughRecords (Portugal)
2009 – Cinematic Obviousnesses (LP) – ProcRecords (United States)
2009 – Corpo Mare (single) – Always Records (Italy)
2010 – Abstractio II (single) – PublicSpaces Lab (Spain)
2011 – Studies for the Poisoned Mind (EP + 2 remix by Richard Wilmer) – aReW Recordings (Great Britain)
2012 – Transparent Shells (EP) – MonoKraK (Switzerland)
2015 – Obscure Gleams (LP – split release with Francesco Lipari) – Diaphonia Edizioni (Italy)
Francesco Lipari si è diplomato in Strumenti a Percussione con Maria Grazia Armaleo. Si avvicina alla composizione sin da giovanissimo con uno stile tradizionale. Grazie ad Alessandro Solbiati entra in contatto con le tecniche e il repertorio contemporaneo. Artista versatile e poliedrico, spazia dai linguaggi della nuova musica contemporanea alle contaminazioni stilistiche, con particolare attenzione al jazz, all’improvvisazione non idiomatico, all’etnico e alle opere multimediali. Nel 2009 ha vinto il secondo premio al 12esimo Concorso di composizione “Rosolino Toscano” con il brano Quasar per clarinetto solo. I suoi lavori sono pubblicati dalle edizioni Diaphonia ed eseguiti da varie formazioni in Italia e all’estero. Ha collaborato con l’Orchestra del Teatro “Vittorio Emanuele” di Messina non tralasciando l’attività cameristica. Il Duo Daphne flutepercussion (flauto e percussioni) è la formazione con cui negli anni ha dato vita da un variegato repertorio che va dal recupero di tesori musicali della musica antica Gino ai giorni nostri. È docente di Percussioni nelle scuole medie ad indirizzo musicale.
Bella intervista e bel lavoro. Complimenti.
“Noi compositori dobbiamo riuscire a far conoscere al potenziale pubblico che esiste un mondo musicale diverso, che non costringe a nessuna abiura rispetto a quello che si ama ascoltare, ma solo un po’ di tempo in più per essere fruito.” Questo è davvero lo spirito giusto. L’orecchio va sicuramente educato e guidato, ma non bisogna mai tralasciare di comunicare la propria arte, qualsiasi essa sia.