di Marta Cutugno
Meno di un mese fa, il mondo ha ricordato il quarantesimo anniversario della morte di Elvis Presley, indiscusso ed indimenticato Re del Rock. Era il 16 agosto del 1977 quando l’annuncio “Elvis Has Left The Building” fece sprofondare nella disperazione tutti i suoi fans. Gli ultimi anni del Re erano stati molto difficili e disordinati. Elvis si era lasciato andare, era in netto sovrappeso, sempre meno lucido per l’abuso e la dipendenza dai farmaci e, nonostante le molte relazioni dopo la fine del matrimonio con Priscilla, viveva una profonda solitudine. La vita e la morte di Presley sono legate indissolubilmente alla sua dimora, Graceland – Memphis, Tenessee – adesso diventata casa museo, un complesso con 23 camere distribuito su più di cinque ettari che, ogni anno, attira 700.000 visitatori circa, secondo per affluenza, in America, solo alla Casa Bianca. Per i quarant’anni dalla morte, a Graceland, è stata organizzata una nutrita serie di eventi per la durata di dieci giorni: raduni, aste, gare di beneficenza, conferenze e dibattiti, concerti con orchestra sinfonica per ricordare Elvis nei suoi luoghi, vicino la sua tomba e mantenerne sempre viva la memoria.
Quando alla fine del ‘59 Presley registrò presso la Sun Record, dando così il via alla sua carriera da professionista, con ogni probabilità non poteva immaginare la mole di successo che lo avrebbe travolto ma lo stile, il talento e la personalità artistica apparivano già nitidi e formati. Si dai primi esordi, erano emersi il timbro profondissimo, l’interpretazione intensa e carisma da vendere: una voce nera in un corpo bianco. Come lui stesso dichiarerà in più di un’intervista, la sua musica era un misto di rock e country western, gospel e rhythm and blues. Tutti conosciamo i suoi più grandi successi: da Can’t Help Falling in Love a Jailhouse Rock, Suspicious Minds, Hound Dog, In The Ghetto, Love Me Tender, Always On My Mind, Unchained Melody.
Energia unica quella emanata da Elvis sul palcoscenico: una leggenda che, ancora oggi, raggiunge il mezzo milione di playlist su Deezer, e cattura un pubblico in continua evoluzione che al 38% comprende fans al di sotto dei 45 anni, una percentuale altissima di appassionati che, in larga misura, è venuta al mondo dopo la sua morte.
In Presley si è cristallizzata, per la prima volta, l’unione perfetta tra talento musicale e culto dell’immagine. Elvis, il Re dal ciuffo nero alto e inconfondibile, era biondo naturale e prima di ricorrere alle tinture professionali del coiffeur, scuriva la chioma e le basette con il cerotto per le calzature. Le sue movenze restarono nella storia, una su tutte il movimento del bacino, ai tempi considerato osceno, che lo immortalò come “Elvis The Pelvis”, icona sexy del suo tempo.
L’ultima apparizione in pubblico risale al 1977, le condizioni di vita del cantante erano veramente allo stremo: lo sguardo nel vuoto, le parole poco chiare, un grande affanno per portare a termine le sue canzoni. The King verrà ritrovato esanime nel bagno della sua immensa dimora, la mattina del 16 agosto 1977, deceduto a 42 anni per un attacco di cuore.
Immagine di copertina da rollingstons.com