Nel giugno del 2018 Samuele Editore ha pubblicato il bel libro “Le distrazioni del viaggio” di Annalisa Ciampalini. Testo asciutto, ben scritto che denota una maturità stilistica ma soprattutto l’idea di una progettazione solida. Il libro, diviso in quattro parti, si sviluppa intorno all’idea del viaggio. Non ci tragga in inganno la parola. Il viaggio è un escamotage esistenziale, è la quotidianità, l’abitudine, la routine di respirare. Il libro gioca sulla doppiezza dei significati e delle immagini, quasi fosse una tensione di contrapposizioni continua. La luce, il buio, l’essenza, la materialità. Quindi le distrazioni aprono un mondo nel mondo, una punta di realtà dentro la pupilla abituata ad uno story board ripetitivo. La Ciampalini si muove bene dentro questa ricerca di tensione, la scrittura è fluida, propositiva e porta a compiere riflessioni. Un incontro tra la logica e quello che ancora deve avvenire. Dopo aver colpito positivamente con L’assenza (Ladolfi 2014) la poetessa ci offre oggi davvero versi “solidi”, “fisici” con una “cifra” personale ben strutturata, non mancando tra l’altro di offrire omaggi alle sue letture formative.
Amo le ragazze che studiano nell’oscurità
e smaniano per una soluzione,
per il numero giusto che riempie la pagina.
Amo le loro case che le guardano
e le coperte di lana variopinta.
Ripassano l’esperimento mentale
con la testa sprofondata nel cuscino.
Hanno lineamenti che seguono il pensiero
la bellezza indeterminata dell’universo.
Se l’infinito è qui, se pensiamo
sia qui, nello spazio del finito,
sono morti i viaggi in treno
quelli che portavano verso amori lontani.
Morto è il pensiero di una terra diversa
che non si sa collocare. La soglia
dell’attesa oltre le mura.
Anche il paesaggio partecipa e muta,
misura la forza del nostro incontro
mancato. Tutto si è sbilanciato
dalla mia parte, la vita delle rose
e dei capelli, l’arrampicarsi delle strade.
Com’è debole il tuo abbraccio
e il vuoto attorno, il deserto nelle strade.
Si celebra l’arrivo nel vento del cortile
la luce migra senza impronte né clamore.
L’aria si posa sulle nostre teste chine
ci battezza tutte con lo stesso nome.
È strano vedere come in questa fredda quiete
ogni cosa si consumi lentamente,
come tutto alla fine si somigli.