Si inizia con David Lynch, si passa per De Lillo e Pynchon, si abbozza una sceneggiatura tarantiniana, si accenna ripetutamente a DWF, si arriva a mosche vagamente inquietanti, alla Cronenberg, si finisce con un capovolgimento di fronti. Ventisei capitoli e settantasette note in questa narrazione di Alessandro F. Ansuini (“Sognando Maria Callas”, Meridiano Zero, 2015), che dichiara apertamente il suo debito con il post-moderno e, soprattutto, con la narrativa americana a partire da Hemingway e Kerouac.
Un flusso di coscienza collettiva scorre nelle giornate del presunto protagonista, Enea (e già il nome rinvia all’eroe della pietas per eccellenza) in una Bologna colta nei suoi risvolti topici e notturni, in un loop di feste, droga, montaggi documentaristici, installazioni, vernissage, amici che si chiamano Vian e ragazze anoressiche, alle prese con smalti, calze smagliate e selfie, e social network. Il plot si regge su un progetto di film con una attrice già nota e in decadenza, ma in realtà si tratta di un pre-testo, mentre la musa ispiratrice, con la sua alter ego, è Maria Callas che rimbomba silenziosa nelle cuffie di Enea, segretamente, visto che ogni volta che gli chiedono cosa ascolti rinvia a band e tracks depistanti.
E’ una sorta di bolero che si avvita su stesso e su di noi, con le scatole cinesi delle note che allargano o approfondiscono la narrazione o, forse meglio, l’attonita presa d’atto della contemporaneità, la sospensione sul vuoto che ci avvolge e che Enea regge con lucido sguardo di poeta, perché poi, al fondo, Ansuini è e resta poeta con la capacità di affondo, di tagli trasversali in un continuum di splendore e miseria che è questo nostro tempo.
L’alternanza di campi lunghi e zoomate, la folla di comparse e protagonisti che si sfiorano, si intrecciano e scompaiono in dissolvenza, i flash back palesano in controluce una scrittura profondamente influenzata, quasi ibridata, dalla confluenza dei mass media visuali ormai dominanti nella cultura quotidiana, con un passo comunque che preserva la profonda empatia e l’autenticità del lavoro di Ansuini, sospeso tra immaginario e corpo, tra sogno e vita: “Bisogna necessariamente parlare con tutte le cose”.
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di seguito il book trailer del libro per gentile concessione di Caucaso Factory