Di cosa parliamo quando parliamo di cinema d’animazione? Siamo proprio sicuri di non ricalcare i vecchi schemi, quando non ci occupiamo delle visioni d’autore alla Miyazaki? Il dibattito nato dopo la visione di “Inside Out”, il nuovo film targato Pixar e Disney, con la regia di Pete Docter, conferma che l’animazione solleva oggi problemi che riguardano gli adulti. L’intrattenimento visivo è assicurato anche per i più piccoli ma, spesso, tocca a psicoanalisti e pedagogisti cogliere i nessi più profondi e la sostanza di ciò che si trasmette realmente allo spettatore.
Come ricorda il filosofo Maurizio Ferraris, su “la Repubblica” del 27 settembre, ormai “le potenzialità filosofiche del cartoon non sono più nascoste tra le pieghe della narrazione, ma ne diventano protagoniste dirette”. Non a caso il regista, per descrivere il suo racconto per immagini, concepito per mettere in scena “le emozioni primarie degli esseri umani”, scomoda Freud e soprattutto Jung. Nella crisi del cinema tradizionale, dunque, si è aperto un varco per un’animazione che affronti temi filosofici ed esistenziali, seppure con risultati alterni.
Così il critico Emiliano Morreale (sempre su “la Repubblica” del 27 settembre) definisce “Inside Out” “forse il cartone più esplicitamente filosofico della Pixar, che però da sempre ci ha regalato momenti di altissima trasposizione visiva di questioni morali e cognitive”, da “Ratatouille” a “Wall-E” e “Monsters & Co.”.
Un altro elemento rilevante, nel campo del cinema d’animazione, è il Gran Premio della Giuria assegnato, nell’ultima Mostra del Cinema di Venezia, al film “Anomalisa” di Charlie Kaufman. Un progetto ambizioso e destinato al pubblico adulto. Ormai è tempo, insomma, della cosiddetta “cartoonsofia”.
Marco Olivieri
Dalla rubrica “Visioni” del settimanale Centonove Press (1 ottobre 2015).
Si veda anche la recensione di “Inside Out”: http://www.carteggiletterari.it/2015/09/25/inside-out-il-cinema-del-venerdi-di-francesco-torre/