“Meglio scrivere un libro importante nel deserto…che diventare celebri per equivoco”. Margherita Guidacci sarà fedele per tutta la vita a questo intento, non scenderà mai a compromessi con nessuno, preferendo sullo stile dell’amata Dickinson, una sorta di isolamento. Isolamento da un mondo che non la acquieta e la porterà a scrivere il suo libro migliore nel 1970, Neurosuite, una sorta di viaggio nella “città murata” di dantesca memoria. Questo libro edito da Neri Pozza è uno di quei capolavori che non hanno avuto la giusta visibilità. È un po’ il destino della Guidacci che nonostante svariati tentativi di riabilitazione critica, non ha raggiunto la notorietà attribuita ad altre poetesse più “mediatiche”. Neurosuite è un testo prodromico a quella quantità di versi sulla sofferenza e sul corpo che a partire dalla fine del novecento si sono moltiplicati tra gli autori e ,soprattutto, autrici poetanti. La Guidacci ha toccato con mano la città murata; questo forse la differenzia da altre scritture non occasionali o di tendenza. Neurosuite taglia l’anima del lettore restituendo, talvolta con ironia, pezzi sotterrati dentro ognuno di noi. La poetessa non ha l’aureola di una Dinfna , è stata soltanto una delle migliori penne del secolo scorso, anche come traduttrice.
Clinica neurologica
Qui giunto molte cose o pellegrino
puoi domandarti ma una sola importa:
E’ l’ultima casa dei vivi
o la prima dei morti?
Prigione
Se il muro fosse di pietra e non d’aria,
se attraverso il muro non si toccassero gli alberi,
se le alte sbarre d’ombra che ti rigano l’anima
fossero l’ombra di vere sbarre a cui potersi aggrappare,
se ricordassi lo scatto d’una porta che si chiude
alle tue spalle e il tintinnìo delle chiavi
alla cintura del carceriere che si allontana:
quale sollievo ne avresti nell’orrore!
Perché ciò che si chiude può tornare ad aprirsi,
la rocca più imponente può essere distrutta.
Ma dove sei non è porta, e nessuna porta s’aprirà.
E non è muro: nessun muro sarà abbattuto.
Le sbarre d’ombra sono le vere sbarre,
non saranno divelte. Tu confini con l’aria,
tocchi gli alberi, cogli i fiori, sei libera,
e sei tu stessa la tua prigione che cammina.