L’InVerso fotografico di oggi parla delle possibilità e della delusione, la spensieratezza dell’infanzia che si scontra con i bilanci dell’età adulta. Quel poco che basta ai bambini per riempire un pomeriggio di risate che si perde lungo il cammino fino a diventare prezioso e impagabile persa quell’innocente visione del tempo e del mondo. Laboile ci restituisce, con sguardo distaccato, quasi dal buco della serratura, la visione di quella semplicità preziosa e ricca di misteri. Il mondo dei bambini non conosce rimpianto. Marcoaldi racconta l’agonia di noi uccelli in gabbia, insetti chiusi in bottiglia indaffarati a sbattere contro vetri invisibili. La frustrazione dei tentativi degli adulti mai pienamente soddisfatti di quanto ottenuto contro l’euforia dei bambini ricchi della capacità di immaginare e attribuire significato a ciò che li circonda.
Un libro di domande, più che di risposte. Così Franco Marcoaldi ha presentato la sua raccolta La trappola. Oggetto delle sue «interrogazioni poetiche» sono tutti quei meccanismi che ci allontanano dalla felicità;
Padre di sei figli, Laboile comincia la sua avventura di fotografo raccontando l’idillio spensierato della vita dei fanciulli, riuscendo ad immortalare la fugacità dell’infanzia con i suoi momenti di spensieratezza e spontaneità. Nella serie “La Famille”, Alain Laboile è riuscito a catturare il senso di libertà che caratterizza la giovinezza.
Il tempo sospeso dei bambini contro il tempo ingabbiato degli adulti.
“Lo so sin d’ora che arriverà” in La trappola, Einaudi 2012
Lo so sin d’ora che arriverà
quel maledetto giorno in cui
dovrò pentirmi di quanto
non ti ho detto, di quanto
non ti ho dato. In cui la mia avarizia
assumerà le penose fattezze del peccato –
mortale e non veniale: sarà la tua
scomparsa a definirlo tale.
Lo so, eppure non c’è verso di impedire
il prolungarsi di questa costitutiva
inadempienza: una distratta
frenesia continua a trascinarci via –
inutile, domani, battersi
il petto e chiedere clemenza.
VIII, in Il mondo sia lodato, Einaudi 2015
se un giorno, all’improvviso,
un’anima ordinaria – per ragioni
imperscrutabili – si inceppa,
il canto di lode verso
il mondo più non sale.
Un malessere molle
e penetrante la invade –
corpo e sensi, una nausea
indefinibile l’assale.
Lo stesso prato, ieri lucente,
oggi risulta spento – lo stesso
cielo, ieri struggente,
adesso ondeggia vuoto.
Il mondo intorno si sfarina
quasi fosse una fradicia
parete di cartone,
la nebbia avvolge il campo –
lattiginose tenebre
si affollano
in una generica afflizione.
L’anima tediata s’impiglia
su se stessa e s’aggroviglia
come una matassa di lana
che neppure la magliaia
più esperta saprebbe dipanare.
Soffre di un’insensata nostalgia
per quanto ieri in verità non è
accaduto, simula una furia
distruttrice contro un futuro
che resterà impregiudicato,
osserva sbigottita un presente
tenacemente sperperato –
finché stremata si sporge
alla finestra
e intenta osserva quanti
in strada camminano di spalle.
Anche quell’anima impigliata
si sente ora di spalle
e con fatica prova
a raggiungere se stessa,
ma dietro l’ombra di un io
che con affanno corre
appresso all’altro io,
eccone un altro
e un altro ancora.
L’anima avverte
una tristezza estranea –
quasi si fosse trasformata
in grigio asfalto e grigia strada.
Quand’ecco il sogno americano
di un grande uomo del sud
americano venirle
provvidenzialmente incontro:
un avvoltoio, anch’esso
cinerino, sporca col suo colore
triste un’altra celestiale strada
e innalza avanti all’anima
tediata la sua beccuta
spada. Nulla lo spaventa,
nulla lo tocca, nessuno lo insegue
nel suo orgoglioso volo
senza indirizzo e senza identità –
adesso sono io quell’avvoltoio,
fame senza appetito,
volere senza volontà.
“Volesse Dio lasciarci qui” in Amore non amore, Einaudi 1997
Volesse Dio lasciarci qui,
muti per sempre in questo stato
germinale perennemente mosso
da un’onda tumultuosa
di amorose attese che ignorano
– al ritrarsi di marea – i detriti
di successive, lugubri pretese.
Volesse Dio.
Ma ad altro ci sospinge
quel demiurgo folle. A mordere
afferrare stringere
sottomettere ingoiare.
Che perfido disegno:
invitarci al volo, solo
per farci precipitare al suolo.
“Potrei, volendo stilare” in La trappola, Einaudi 2012
Potrei, volendo stilare
un bell’elenco di tutti
gli argomenti che
da un momento all’altro
tramutano in trappole, tranelli,
trame, trabocchetti – in lacci
stretti pronti a soffocarti.
Per primi mi vengono alla mente
i soldi, il sesso, la famiglia,
il potere, l’autorità, la religione.
Ciascuno a modo suo in grado
di schiacciarti, di dimostrarti
che una volta entrato in gioco
non esiste via d’uscita,
che non c’è modo di sanare
quell’insanabile ferita chiamata identità.
Sii scaltro, non farti incarcerare.
Procedi fiero confidando
soltanto nel tuo proprio pensiero,
sull’unica arma che hai a disposizione,
sull’obiettivo che davvero conta: l’espressione.
Biografie
Franco Marcoaldi è nato a Guidonia nel 1955. Vive e lavora a Roma. Collabora da molti anni al quotidiano La Repubblica. Giornalista e scrittore. Molti suoi libri in versi hanno vinto i più importanti premi – dal Viareggio al Montale, dal Pavese al Brancati: ‘Mosca cieca’, ‘Amore non Amore’, ‘L’isola celeste’, ‘Benjaminowo’, ‘Celibi al limbo’,‘Animali in versi’, ‘Il tempo ormai breve’, ‘La trappola’. Il 1º settembre 2015 è uscito per Einaudi il suo ultimo poemetto: ‘Il mondo sia lodato’. Diversi suoi libri sono stati tradotti all’estero. Nel corso degli anni ha fondato riviste (‘Leggere’), è stato consulente di case editrici (Donzelli, Mondadori), ha scritto per il teatro (‘Benjaminowo’ e ‘Sconcerto’ con Toni Servillo), per la musica (lavorando con Fabio Vacchi e Giorgio Battistelli), per la televisione (i ‘Dieci Comandamenti’ di Roberto Benigni , la serie di documentari Grand’Italia per Rai Cultura).
Ha curato il Meridiano Mondadori di Fosco Maraini e introdotto opere di Cesare Brandi, Pierpaolo Pasolini, Beniamino Placido. Ha collaborato con il fotografo Mario Dondero e la pittrice Giosetta Fioroni.
Alain Laboile inizia a fotografare, casualmente, all’età di 36 anni. Scultore di professione, Alain (1 maggio 1968), compra la sua prima macchina fotografica, una “compatta”, nel 2004, per creare un libro fotografico delle sculture per i suoi clienti. Grazie ad internet e al suo indiscutibile talento artistico Alain inizia la sua carriera fotografica. Le foto piacciono, colpiscono persone e critici. Oggi Alain Laboile è uno dei fotografi francesi più apprezzati.