Hidden Gems (a cura di Alessandro Calzavara) – 27) William Basinski

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Le rette scorrono parallele, e non s’incontrano mai. Ma perché scorrono? Dov’è lo spazio ancora sempre da darsi che esse costantemente divorerebbero? La retta è già per sempre, chiusa nella voracità dell’infinito a cui non tende, ma da sempre è da quando è pensata. Il cervello umano partecipa della sua banalità funzionale: pur senza averne esperienza, già da ogni abbrivio possibile vede quell’inesausto essere che la vita gli nega a ogni passo e che, nella violenza del sentirselo mancare, tende a voler occupare, a dispetto di tutto ciò che vi vive accanto, beatamente ignaro della protervia di ogni classificazione. Tutto un intero mondo incosciente, né parallelo né perpendicolare, è sbriciolato dalla macchina che realizza i piani del demone geometrico. L’animale non attende che la pedana mobile lo trascini fra le lame: la stessa misura del tempo è lì un circuito impazzito, un grumo di terrore primordiale che reagisce all’avvento dell’orologio meccanico. Le pareti, lentamente, s’attraggono d’un moto perfettamente misurabile; il pendolo squarcerà il petto in tempi calcolabili.
La storia dell’intelletto umano è la misura computata di quell’avvicinamento sinistro. E che risulta incalcolabile per qualunque organismo tranne che per quello che, nell’atto stesso del calcolare, pone e annienta l’altro.

Anche le note sono distillati di calcolo; sono scogli disposti in pieno mare a distanze di frequenze date, la cui misura com-misura l’intervallo all’ampiezza del passo che li percorre. Ma il mare è attorno, e attorno al mare l’oceano.
Vi sono note che beatificano la propria presenza chiara ed evidente di scogli nel mare. E vi sono note che, dimentiche di sé, offrono ai flutti soltanto un’occasione di suono, che permetta loro di riceverne in cambio una veemenza infinita. La musica è metafisica solo quando dimentica se stessa. Quando il vento che la agita l’invade solo per lasciarla vagare senza meta; quando il mare che la sommerge potrebbe mai più ritirarsi, per sottrarla alla vista ab aeternowilliambasinski_1_1358850775

William Basinski è un poeta metafisico che ha studiato la fisica dei suoni allo scopo di permetterne la dimenticanza, spalancando le porte all’immanità della tragedia dell’imprevisto. I loop di cui si serve disseccano ogni calcolo come sottoponendolo alla rotazione centrifuga d’un universo distante perché incalcolabile. Atomi e pianeti vanno alla deriva, vaganti senza direzione nello spazio non più reticolato del cosmo. Alla stregua di questi atomi siamo sospinti dalla condensazione verso la rarefazione, dal suono verso il silenzio, dall’incontro (di senso, di corpi, di fluidi) verso la sperdutezza e la polverizzazione. Nei suoi “Disintegration Loops” Basisnki attinge a vecchie incisioni su nastro analogico, e le riproduce infinite volte, sino a quando la decrepitezza della materia del supporto, giro dopo giro, secolo dopo secolo, le riduce a bisbigli di fronde. “Melancholia” fa la stessa cosa con le emozioni, distillandone un frammento significativo e affogandolo nel tempo ciclico dell’attenzione, sino a quando la grana delle percezione si sfalda nel sonno o nel suicidio. Queste tenui, minimali melodie di pianoforte sono abbandonate nella nebbia di pomeriggi immensi, nell’indistinzione d’immensurabili pianure straniere. Talvolta piangono, talvolta attendono in silenzio d’essere sopraffatte da imponderabili elementi di contesti ignoti.
Ho “usato” spesso questo disco per aver paura, per sprofondare in me stesso come un astronauta che sprofondi nello spazio oscuro oltre ogni radar. Interno ed esterno finiscono per coincidere nell’assenza di riferimenti, quando ogni costruzione logica vacilla e poi crolla nell’assoluta insensatezza dell’epos antropico.
Gli appassionati di musica vorranno però sapere di che roba si tratta. Per non perder troppo tempo nella logica catalogante: probabilmente del più grande disco di ambient mai inciso. E così come inciso, dis-inciso; così come apparso, in sé stesso scomparso. E che continua a risuonare anche dopo che la puntina del piatto ha abbandonato i solchi del disco. Forse anche dopo che la puntina della mente ha abbandonato, inorridita, i solchi della vita.

Alessandro Calzavara


“In copertina: Melancholia (front cover, William Basinski, 2003)”

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