Nell’InVerso fotografico di questa settimana due voci molto distanti si confrontano sul tema dell’altro: il “totalmente altro”, reperibile solo nel sacro e nel sublime. Il fotografo giapponese Kenro Izu rappresenta il sacro dei luoghi e il tempio del corpo con elegante distacco in atmosfere rarefatta dominate dai contrasti di luci e ombre. La ricerca del sacro spinge l’uomo ad attraversare i continenti come nella serie Sacred Places, ad affrontare i deserti, reali o immaginari, per scoprire che poi il luogo più sacro è il corpo. L’uomo affascinato dal sublime smarrimento di fronte alla grandiosità del creato è spinto ad immergersi nelle acque scure dell’altro per uscirne vittorioso o sconfitto dalla paura come nei versi di Gozzano. Sovente nella realtà contemporanea occidentale il sacro è ridotto a profano, e, viceversa, il profano è innalzato a sacro. Ciascuno sceglie i propri dei e i propri demoni.
Coraggio!
Viaggio per fuggire altro viaggio.
In alto, in alto i cuori
Invernale
“…cri…i…i…i…icch”…
l’incrinatura
il ghiaccio rabescò, stridula e viva.
“A riva!” Ognuno guadagnò la riva
disertando la crosta malsicura.
“A riva! A riva!…” un soffio di paura
disperse la brigata fuggitiva
“Resta!” Ella chiuse il mio braccio conserto,
le sue dita intrecciò, vivi legami,
alle mie dita. “Resta, se tu m’ami!”
E sullo specchio subdolo e deserto
soli restammo, in largo volo aperto,
ebbri d’immensità, sordi ai richiami.
Fatto lieve così come uno spetro,
senza passato più, senza ricordo,
m’abbandonai con lei nel folle accordo,
di larghe rote disegnando il vetro.
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più tetro…
dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più sordo…
Rabbrividii così, come chi ascolti
lo stridulo sogghigno della Morte,
e mi chinai, con le pupille assorte,
e trasparire vidi i nostri volti
già risupini lividi sepolti…
Dall’orlo il ghiaccio fece cricch, più forte…
Oh! Come, come, a quelle dita avvinto,
rimpiansi il mondo e la mia dolce vita!
O voce imperiosa dell’istinto!
O voluttà di vivere infinita!
Le dita liberai da quelle dita,
e guadagnai la riva, ansante, vinto…
Ella sola restò, sorda al suo nome,
rotando a lungo nel suo regno solo.
Le piacque, al fine, ritoccare il suolo;
e ridendo approdò, sfatta le chiome,
e bella ardita palpitante come
la procellaria che raccoglie il volo.
Noncurante l’affanno e le riprese
dello stuolo gaietto femminile,
mi cercò, mi raggiunse tra le file
degli amici con ridere cortese:
“Signor mio caro, grazie!” E mi protese
la mano breve, sibilando: – Vile!
*
L’invito
Uscite, o capre, or che la luna attinga
la prateria! Il pecoraio dorme.
Giunge sul vento, nella pace enorme
il suono della mitica siringa.
Dolce richiamo! Il dèmone vi cinga
danzando erette. Andate orme su l’orme
dell’amatore musico biforme,
inebbriate dalla sua lusinga.
Danzate, o capre! Steso sulla madia,
chiusi gli orecchi nel berretto frigio
il pecoraio dorme alle Capanne.
O risognate i monti dell’Arcadia,
dimenticate l’onta ed il servigio
sulla dolcezza delle sette canne!
*
Congedo
Anche te, cara, che non salutai
di qui saluto, ultima. Coraggio!
Viaggio per fuggire altro viaggio.
In alto, in alto i cuori. E tu ben sai.
In alto, in alto i cuori. I marinai
cantano leni, ride l’equipaggio;
l’aroma dell’Atlantico selvaggio
mi guarirà, mi guarirà, vedrai.
Di qui, fra cielo e mare, o Benedetta,
io ti chiedo perdono nel tuo nome
se non cercai parole alla tua pena,
se il collo liberai da quella stretta
spezzando il cerchio della braccia, come
si spezza a viva forza una catena.
Biografie
Kenro Izu
Nato a Osaka nel 1949 e cresciuto ad Hiroshima, Kenro Izu inizia a fotografare negli anni settanta, completando la sua formazione presso la Nihon University di Tokyo. Nel 1970 si trasferisce a New York, dove tuttora vive e lavora. Ispirato dalle immagini del vittoriano Francis Frith e dalle antiche spedizioni fotografiche in Egitto, nel 1979 intraprende il suo primo viaggio nella terra delle Piramidi. Da questa esperienza e dalle fotografie realizzate in questo viaggio prende avvio Sacred Places, il lavoro che diventerà nel tempo uno dei cardini stessi della ricerca dell’autore: per oltre trent’anni, Izu si è spinto verso mete sempre più lontane fotografando i più suggestivi “luoghi sacri” del mondo, dalla Scozia al Messico, dalla Cambogia all’India e all’Indonesia, dalla Siria al Tibet. Nel 2002 sperimenta per i suoi studi fotografici sul nudo una nuova tecnica di stampa, il cianotipo su stampa al platino, con cui ottiene immagini scure, dominate da un blu profondo, capaci di trasmettere attraverso ombre dense l’intimità sacra dell’animo umano. Queste immagini daranno origine alla serie Blue, completata nel 2004 e presentata nel corso di numerose mostre e pubblicazioni.
Tra le più recenti personali ricordiamo quelle organizzate presso il Rubin Museum of Art, New York (2004), il Tokyo Metropolitan Teien Art Museum (2005), l’Art Museum, University of Kentucky di Lexington (2007), il Detroit Institute of Art, il Kiyosato Museum of Photographic Art di Hokuto, in Giappone (2008), il Museum of Photographic Arts di San Diego (2009), il Fitchburg Museum of Art, in Massachusetts, il Lucca Photo Fest (2011), lo Spazio Forma di Milano (2012).
Le sue opere sono conservate in prestigiose collezioni, tra cui il Metropolitan Museum di New York, il Getty Museum di Los Angeles, il San Francisco Museum of Modern Art, il Boston Museum of Art, il Tokyo Metropolitan Museum of Photography, il Kiyosato Museum of Photographic Arts di Hokuto, in Giappone, la Galleria Civica di Modena, il Canadian Center for Architecture di Montréal.
Guido Gustavo Gozzano nasce ad Agliè, vicino a Torino, da una famiglia colta e borghese, nel 1883. Iscritto a giurisprudenza non consegue mai la laurea, preferendo seguire le lezioni della facoltà di lettere, in particolare quelle del critico e poeta Arturo Graf. Il 1906 è l’anno operoso, in cui nascono i più riusciti fra i componimenti destinati ad essere pubblicati nella sua prima opera. Nei primi giorni di aprile del 1907 pubblica la raccolta poetica La via del rifugio.
Negli anni universitari fa amicizia con alcuni poeti crepuscolari e partecipa alla vita culturale di Torino collaborando a varie riviste letterarie e giornali. Ha una breve relazione con la poetessa Amalia Guglielminetti (testimoniata dall’epistolario dal titolo Lettere d’amore). Nel 1910 lo scrittore completa il corpus poetico destinato alla raccolta «maggiore» e nel 1911, alla fine di febbraio, I colloqui vede la luce a Milano (edita da Treves), suscitando una vasta, ma non unanime messe di consensi.
Nel 1912 viaggia in oriente, in India e a Ceylon, per alcuni mesi; il resoconto del viaggio è raccontato nel libro Verso la cuna del mondo, raccolta postuma di una serie di articoli pubblicati sul quotidiano La Stampa. Gozzano canta le piccole cose semplici e autentiche con un taglio ironico e distaccato, caratteristica che gli permette di cogliere anche le meschinità di quel mondo provinciale e chiuso.
Nel 1916 muore di tubercolosi a Torino a soli 33 anni.