Antichissimo strumento a percussione di origine fenicia, la tammorra è un tamburo a cornice, con telaio circolare ligneo, di diametro compreso tra 35 e 65 centimetri, su cui è tesa una membrana di pelle d’animale (di capra o di pecora). Sul telaio possono essere fissati dischetti metallici, detti cicere o cimbale, che suonano per effetto dello scuotimento dello strumento. Presso i greci, la tammorra era conosciuta con il nome di tympanon e nel tempo è diventata espressione strumentale e simbolo della musica folkloristica dell’Italia meridionale. Caratteristico della musica partenopea, lo strumento può essere suonato in versione solistica o per accompagnare canti e danze come la tarantella – dal suo nome deriva, infatti, la tammoriata o tammuriata (canto per voci e percussioni) – e la canzone ncopp ‘o tamburo – forma musicale e ballo strettamente legati ai riti mariani dell’Agro Nocerino.
Esistono due opposte modalità di esecuzione della tammorra: alla maniera maschile (sorretta dalla mano sinistra e percossa dalla mano destra) e alla maniera femminile (al contrario, sorretta dalla mano destra e percossa dalla mano sinistra). Oggi le tammorre sono costruite da artigiani campani (Gragnano, Santa Maria Capua Vetere, Scafati, San Giuseppe Vesuviano), pugliesi (Ostuni, Nociglia Carpino) e calabresi (Seminara). Tra i maggiori costruttori/suonatori di tammorra ricordiamo: Raffaele Inserra, Antonio ‘O Lione Matrone, Davide Conte, Francesco Antonio Ambrosio, Angelo Cignale Giuliani, Nando Citarella, Alfio Antico, Gerardo Masciandaro e Paolo Simonazzi.
Marta Cutugno