(in copertina: rivisitazione dell’autore del disegno Sello con tinta dell’artista messicana Erika Kuhn)
Cito in giudizio Dio.
Sulla terra piovono a gocce schegge e micce.
Non vedi salire fino al tuo cielo
la pastosa nube che si sfiocca,
riversando giù
cenere e caligine?
Sei veramente così vecchio,
inebetito e cieco?
Non ne hai abbastanza
di questa perpetua nebbia,
del perpetuo olocausto?
O è questa la nuova alleanza,
il tuo angelo ha già annunciato:
“Venite, radunatevi
per il gran banchetto di Dio?
Il regno dei cieli
deve essere edificato
sulle carni di t u t t i gli uomini!”
Decorsi i termini,
la tua ultima ghiotta cena
a base di ossuti corpi
del popolo ebraico
è passata in giudicato.
Ora vuoi cibarti a Niamey,
a Roma, Nizza, a Tirana,
Parigi, Riga, a Zara,
Berlino, Bruxelles, Cúcuta,
di sconcertati studenti europei,
di scarni sorrisi nigeriani,
di vividi sguardi siriani
e di violate bambine colombiane.
Ho letto frasi d’amore
sui muri di Aleppo:
«Amami …
lontano dalla nostra città
sazia di morte».
Cito in giudizio il vecchio,
inebetito e cieco Dio
e il suo ubiquo insaziabile appetito.
*
L’ultima concessami
L’attimo corre veloce,
già sta modificando
ogni cosa sotto il mio sguardo.
Un fluido sonno ora scorre,
sul tuo letto di parole.
Il vento del tempo,
con falce ricurva,
spazza via il giorno.
Tutti i miei pensieri,
la mia memoria,
il mio volere,
immersi nella cenere
di un mondo arso
tra le viscere,
che non sarà più vivo,
quando nessuno più lo ricorderà.
Non ho fretta.
Non ho ancora voglia di svegliarmi.
Perché, sveglio,
mi mancherà la forza
di impugnare il mio volere.
E camminerò, come in sogno,
fantasma di un ricordo
deformato dalla memoria.
*
Falsario di parole
Filo e tessitura
trama
filo di sutura
ordito lacerato
lavoro di rammendo
Recido
il filo della vita
L’chaim!
Creo
pupazzi di carta
*
Il tuo nome צִפּוֹרָה
In riva a un lago,
Sephora s’è eviscerata
e ha estratto,
il paradiso
che nascondeva lì,
tra fegato e duodeno
e ha iniziato a cantare
con voce di viola d’amore.
*
Lapidi di carta
Prima che tutto passi,
prima di dimenticare,
le mie dita fredde
devono graffiare
i fogli impazienti
con la punta della penna,
nell’attrito del pensiero,
strisciare tra passato e presente.
Le mie falangi devono essere
il ragno assiro-babilonese
che trama la tela.
Scrivere, in fretta,
la vita non attende:
incidere nomi
su lapidi di carta.
Il mio nome e il tuo,
Sephora, folle mia,
forse mai mia,
Sephora
*
Il taumaturgo di Bogotà
Ti offro le mie mani
scarne, magre, nodose,
inadatte alla chirurgia.
Mani da patologo,
con cui quotidianamente
squarcio il petto a cadaveri
di carta, riaffiorati
dagli archivi.
Mani da archeologo.
Mani che sfiorano
senza toccarle
_le anime inermi,
danno una speranza illusoria
che vuole solo essere
nutrita dalla speranza.
Ora sono le tue mani.
Ponile sulle cellule esplose
del mondo.
*
Il patto dal più profondo oblio
Io resterò saldo, come una roccia
contro cui si frange la leggera
spuma d’un desiderio randagio,
composto solo di vocaboli.
L’amore è una luce superflua
prima di diventare indispensabile
nella cecità di ogni esistenza!
Io, sempre dalla miseria
amato di grande amore,
saldo, oscillerò come il pendolo
che non cadenza il tempo,
ma scandisce, Sephora, una sorte
che è già nel tuo nome,
il nostro patto, oltre la morte.
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Lev Matvej Loewenthal è lo pseudonimo di una figura internazionale poliedrica ed enigmatica. Poeta, saggista e romanziere, nonché medico impegnato in missioni umanitarie, Loewenthal ha scelto di non rendere nota la propria identità, per non inficiare due carriere inevitabilmente disgiunte e parallele. Nel tempo, a seconda della lingua e del paese in cui ha pubblicato, ha scelto diversi eteronimi. La sua vita potrebbe essere quella di un memorialista di Kefar Nahum, di un artista del capitolino quartiere Coppedè o di un inquieto clericus vagans nordeuropeo. I pochi dati certi della sua biografia appaiono su un passaporto elvetico: zurighese di adozione, Loewenthal scrive, oltre che in italiano, in inglese, francese e yiddish. I suoi testi sono stati tradotti, tra l’altro, in giapponese e olandese.
Carteggi Letterari propone ai propri lettori una breve silloge poetica dalla raccolta inedita Sefer Sephora ed è lieta di annunciare l’imminente pubblicazione del suo esplosivo romanzo La dodicesima nota.
Un pensiero su “Lev Matvej Loewenthal – sette poesie dalla raccolta Sefer Sephora”