di Marta Cutugno
Mito e storia. La tradizione che incontra la leggenda. oggi per la rubrica ArnesiDaSuono ci occuperemo della quena, uno strumento a fiato semplice ma estremamente suggestivo e legato, in particolar modo, alla malinconia di una divinità, innamorata e pronta al sacrificio pur di ritrovare una simbiosi perfetta e armoniosa con l’amata. Nomi diversi, struttura in divenire e dolcezza estrema dei suoni prodotti per questo strumento le cui origini affondano irrimediabilmente nell’antichità. Ai giorni nostri, tuttavia, resistono suonatori di quena pronti a divulgare e far conoscere al mondo le modalità e la particolarità della pratica esecutiva, le scelte tecniche e le inflessioni espressive per conciliare la bellezza irrinunciabile della tradizione alle esigenze del vivere odierno.
Come il flauto di Pan è indissolubilmente legato al mito della ninfa Siringa, allo stesso modo la quena vanta origini mitologiche: la leggenda narra, infatti, di un amore corrisposto ed intenso tra un Dio ed una bellissima fanciulla la quale, morsa da un serpente, si spense improvvisamente e fu sepolta sulla cima di una montagna. Passò tempo e dalla terra di quel sepolcro bagnata da tristi lacrime, emerse una formazione ossea: da ciò che venne generato dalla potenza della natura unita alla malinconia, il Dio innamorato ne ricavò un flauto dotato di fori e si trasformò in vento per poterlo attraversare simbolicamente e potersi finalmente ricongiungere all’amata.
La quena è, dunque, uno strumento a fiato ricavato dalla canna di bambù che non è l’unico materiale utile alla sua costruzione. Esistono, infatti, anche quena in pietra, in terracotta ed in legno. Lo strumento è privo di imboccatura ma con la presenza di una incisione, un intaglio detto bisel o chanfle (a forma di U, o di V). In genere, il diametro interno dello strumento può variare dai 18 ai 40 millimetri mentre la lunghezza esterna varia dai 30 ai 40 centimetri, in alcuni casi può raggiungere anche gli 80 centimetri. Presenta sei fori anteriori di diversa ampiezza ed un solo foro posteriore da suonare con il pollice sinistro. Anticamente i fori avevano tutti lo stesso diametro ma, con il tempo, ai costruttori dello strumento fu chiesto di calibrarne più accuratamente l’ampiezza per rendere maggiormente agevole l’esecuzione agli strumentisti. Il fondo è semichiuso e caratterizzato dalla presenza di un piccolo foro di circa un centimetro. Le sonorità della quena sono dolcissime, calde ed espressive e l’estensione del modello tipo è di tre ottave.
Foto da ayrway.com
Estremamente diffuso nel Sud-America, è strumento molto caro alle popolazioni andine: tracce importanti dell’impiego della quena si rilevano già a partire dall’epoca precolombiana e nella civiltà Inca. Le quenas più conosciute ed utilizzate sono il quenacho – grande quena accordata in scala di si minore – la quena – quena di dimensioni medie, accordata in mi minore – e la kenita -quena di piccole dimensioni. Nelle diverse aree geografiche, inoltre, in relazione alle varie dimensioni ed estensioni, la quena può essere conosciuta con altri nomi come choquelas, kenalis, kenas kenas, pusipias ecc.
Foto di copertina da kayapacha.com