di Ilaria Grasso
Alcuni vedono la fisica come una forma di meditazione. Anche la poesia lo è. Sia il poeta che il fisico si interrogano su temi universali con metodi diversi. Il fine del loro indagare è comune: entrambi vogliono conoscere il cosmo (forse per accettarlo). Galluccio in questa poesia parte dal materia di cui è fatto il vuoto, mostrandoci la rappresentazione emotiva, fisica e matematica. Ribalta il pensiero comune per il quale zero è uguale al vuoto diventando l’emblema dell’assoluto dimostrandoci che i numeri e le funzioni non possono essere sempre fedeli alla realtà che vorrebbero rappresentare.
il vuoto sempre un enigma e un mito
abitante con orrore delle prime
domande infantili sull’universo
quando uscire dalla casa è pensiero
e l’oltre era segnato
dall’incubo dell’abbandono
e quel vuoto sembrava proprio
lì fuori di casa in agguato
un agguato lontano e incombente
un allontanarsi da cieco
o muoversi senza ragione
abbandonando i punti cardinali
oggi sappiamo che il vuoto non esiste
ci sono ovunque fluttuazioni quantistiche
ovunque perturbazioni di campo
che fanno apparire fotoni o materia
perché anche qui lo zero
è una funzione fantasma
un valore esatto che non si può raggiungere
Da LA MISURA DELLO ZERO – Giulio Einaudi Editore