NATURARIO ovvero la bestialità del poeta
Conosco Bux da quando era piccolo, ammesso che piccolo sia mai stato. Prima della sua Trilogia dello zero, prima di prima. Ci scriviamo, ci scambiamo pareri sulla poesia con visioni a volte opposte che finiscono per assomigliarsi da quanto si oppongono. Lascio la parola ad un Bux in terza persona perchè nessuno meglio di un poeta può parlare di un poeta e della sua bestialità. Naturario è una corposa auto antologia (difatti il sottotitolo è poesie 2014-2016), che a sua volta potrebbe definirsi tranquillamente una tetralogia, data la mole di ogni sezione (ciclo), che, prese singolarmente, sarebbero potute essere dei veri e propri libriccini autonomi. Ma l’autore, si intuisce, forse per ragioni stilistiche e formali, o forse per ragioni di indagini e accumuli sistematici, ha preferito raggruppare il lavoro in una sorta di schedario, o meglio, di Atlante poetico. E in questo Atlante il poeta esplora e si perde, e rinnova i fondali della propria conoscenza per renderli poi alle acque dell’avvenire e della coscienza. Le sezioni del libro (Ciclo del Fuoco, Ciclo dell’Acqua, Ciclo dell’Aria e Ciclo della Terra) dal richiamo elementale, come anche il richiamo panteistico del titolo, sembra stiano ad indicare proprio questa volontà animale e minimale di essere nel mondo; certo, come esseri sì pensanti, ma dal pensiero attivo e profondamente unito alla terra e alle altre forme di vita che la popolano. Probabilmente, la maggior parte dei testi di Naturario, provano ad evocare quest’energia primordiale e primigenia che è custodita nella natura stessa e nei suoi elementi vitali. La “pioggia” di testi qui accumulati sono alternanti, dai registri e dagli scenari diversi, anche se uniti da una cadenza sincopata, univoca e ritmica, che sfocia spesso in una prosa lirica; così i versi danno sovente l’impressione di far assistere ad una messa in onda, ad un’azione metafisica che si unisce alla parabola esistenziale, e dunque reale dell’autore, che sopravvive a queste pagine e che da queste possenti (ben quattrocento) pagine ne esce deviato, rinvigorito, forse, perciò lavorato. Giacché pare sia il lavoro (inteso come lavorio, logorio e superamento di sé) il risultato a cui aspira il poeta. Ed è ritornare alla bestia, probabilmente, il gioco al quale il poeta si deve sottoporre. E il risultato di Bux sono i resti, lucenti, di questa estenuazione e di questo continuo gioco al rialzo; il risultato è la bestialità del poeta, la sua dis-umanità, sfoggiata tra versi di echi ed echi di-versi; il risultato, dunque, sono versi che chiamano a sé la vita e la natura delle cose, con la loro infinità riflessiva e autentica. Perciò si può dire, senza dubbio, che Naturario è l’anima stessa del poeta, che ritorna all’uomo, ferito, per rifluire nel sangue del proprio esistere. Ed è un risultato ammirevole. Forse, dopo i già corposi Trilogia dello zero (pp. 352, euro 20, Marco Saya Edizioni, Milano, 2012) e Sistemi di disordine quotidiano (pp. 274, euro 15, Achille e la tartaruga Edizioni, Torino, 2014), l’autore prova, con Naturario, a chiudere un cerchio: forse Bux prova a chiudere il suo personale zero, per aprire, chissà, allo zenit di una nuova esperienza, la propria indagine poetica ed esistenziale.
Dieci poesie di Antonio Bux tratte daa “Naturario” (pp. 400, euro 15, collana “Il gabbiere, Edizioni Di Felice, Martinsicuro, 2016).
MELTEMI
1.
Oh la mia anima senza corpo
come lo scheletro di Teseo
dritto sull’acqua
vede di sé il non futuro
la non Storia e le anime morte
tra i microbi e gli acquitrini
2.
Anacreonte il tuo vino mesce
il sangue dei popoli
versate le coppe assiderate
torni vento ed escremento
ma mai fu perversione
baciare la tua melma
3.
Per due tre monete o per i
raggi milionari di Tebe
che il buio rifluisce
e le città sono tutte
vuote e della menzogna
come solo di Edipo
4.
Efesto margine, Vento
di chi sei il vuoto
del fuoco o della giustizia
per la mano di dio invano
o per la lava dissanguata
tu cresci vulcano
5.
Colomba cieca, Mercurio
Donna che voli
sulle cosce dei disabili
non guardare noi come figli
non vedi che siamo vuoti
d’esistere e di proseguire
6.
Parmenide, tu che divori
la sesta, lentissima nuvola,
fai che il suolo tremi
e dinanzi la città sfinita
il terzo occhio, fai che
ci ignori
7.
Arianna, col filo Parco
tu danneggi la vita
come al nono mese
dal tuo grembo solo puoi
il mostro, e dei sensi
l’opposto gamete
8.
La tua grazia è come il fiore
infuocato, Filomela, per il sole
cieco, come un uccello
voli sul mio cranio, e sul mondo
dai crani svuotati, d’amore
e di semine
9.
Onda, che del riverbero
curi l’infrangere, come me
sei onda irreale, tu sei L’Ulisse
che gioca al nascere, e al profondo
togli e muori, e nasci tra le perle
attonite, e tra i pori di un’Atlantide
che si sa sola; Onda, tu che temi
l’uomo e ami il mare del suicidio,
tu sei l’onda di Platone, l’onda
mediterranea, tu sei la cicatrice
di Dio, Onda dove ogni cosa
è il tempo, tu sei il riposo
di Omero, lo spettro di Otranto
da dove Dioniso si affaccia,
e come dal mare tu non ci sei
ma tu vieni a noi per invadere
Per forze congiunte, energie
d’Ulisse che non si è
mai come lui mare e profondo
cielo di sangue e ferite, mai
si è sulla nave o sul Metaponto
sua battaglia spaziale
10.
Corri al mio fianco, Meltemi
che tu sia Marocco, mio fiordo
e come uno schiavo io possa
arrivare, e alla grande Stagione
dei fermi, e trovare in Algeri
sia Itaca che la Morte
Antonio Bux (Foggia, 1982), ha pubblicato vari libri, sia in italiano (tra i quali Trilogia dello zero, Sistemi di disordine quotidiano, Un luogo neutrale, Kevlar) che in spagnolo (23 – fragmentos de alguien, El hombre comido, Saga familiar de un lobo estepario). Traduce dallo spagnolo, occupandosi, ad oggi, prevalentemente dell’opera di Leopoldo María Panero.