di Ilaria Grasso
Quando si parte per disperazione, perché non si ha niente, spesso quel niente non sai neanche nominarlo. Non riesci a dire di cosa hai bisogno o forse, come gli apolidi, nulla del mondo ti appartiene e il mondo neppure ti riconosce. In questa bellissima poesia, Annovi ci rappresenta questa parte della realtà evidenziando come sia importante nominare anche i bisogni, persino quelli fondamentali. La riflessione sulla lingua apre i suoi confini travalicando la geografia, la politica, i sentimenti e la sfera emotiva approdando ad una dimensione squisitamente umana. Vi invito a leggerla nel profondo, interpretando con occhi nuovi gli idranti di piazza Indipendenza a Roma.
la lingua che ti serve sull’isola
tra lampàre e turisti e sirene
non ha la grazia né la gloria
di una madre:
dici il tuo nome
poi dici: water dici
ti manca la parola per dire sete
(dice la tua disperazione)
allora ti danno pane ti danno
parecchia televisione
e impari a dire:
mia figlia galleggia nel mare
lingua perdita in assoluta
sommessa rabbia:
cunîn ripete la badante
polacca: fanciulla del dialetto
adesso che l’alzheimer le
ha sepolta la voce nel cervello:
vuole dire coniglio
mai ha saputo del latino cuniculus
e che a Coney coniglio è rabbit
cosa che s’insabbia
tra pannolini e rifiuti
lunaparkolo semi-russo
pendula appendice e
penisola nella bocca:
incompresa lingua che interra
Da ITALICS – NINO ARAGNO EDITORE
Immagine di copertina: foto di Vincenzo Livieri, Agenzia LaPresse.