Repubblica, il 24 ottobre, a firma Mario Calabresi, intitolava “Siamo tutti Anna Frank”, e postava la foto che ho messo sopra.
E’ così? No, non siamo tutti Anna Frank, caro Calabresi. E non ha alcuna funzione educativa cercare di imporlo. Anna Frank non siamo “noi” comuni cittadini italiani, e NON è nei cuori di tutti i ragazzi che hanno letto il suo diario. In Italia si leggeva a scuola il suo diario, io ricordo la mia maestra delle elementari leggerlo e noi bambini commuoverci. Ma si compie una ottusa generalizzazione se si pensa che è nei cuori di chiunque lo abbia letto. Occorre accettare l’idea che a qualcuno quella lettura abbia annoiato o, alla lunga, dato fastidio. E se la si impone a chi non piace, si ottiene il risultato del rifiuto – e più tardi dell’odio.
Quando lei Calabresi scrive: “Ribaltiamo i piani, restituiamole il suo valore, trasformiamola in un omaggio, non lasciamola sola e in mano all’ignoranza. E allora Anna Frank siamo tutti noi, può e deve avere la maglia di ogni squadra, essere parte della nostra vita. Ogni club dovrebbe farne una bandiera, per rispondere senza esitazione alla deriva degli estremisti delle curve.”, lei vorrebbe imporre a tutti il dovere di ricordare e amare Anna Frank. Dice proprio: “può e deve” avere la maglia di ogni squadra, essere parte della nostra vita.
No, Calabresi. Non c’è nessun dovere di avere Anna Frank sulle nostre maglie, né tanto meno c’è il dovere che Anna Frank debba essere parte della nostra vita.
C’è il diritto di ogni persona, e di ogni ragazzo e studente, di ricordare e ammirare chi più gli aggrada. Non c’è il “dovere di ricordare” alcunché. Nemmeno la Shoah. La Shoah non è il Male assoluto, e non ha connotati metastorici o sacri. Con il dovere di ricordare la Shoah, si creano dei mostri. Così come con il proibire si creano i trasgressori che non vogliono allinearsi. Essere inondati continuamente dal ricordo della Shoah produce prima un’assuefazione, poi avversione in molte persone. E nel caso degli adesivi di Anna Frank si è prodotta una farsa grottesca.
Il dovere di ricordare la Shoah e Anna Frank ce l’hanno i professori di storia, i quali hanno il dovere di insegnare tutta la storia, non solo la Shoah. Gli studenti hanno il dovere di studiarla, ma non di ricordarla per il resto della vita o di mostrare rispetto sempre e comunque per quello che studiano. I calciatori e i tifosi di calcio non hanno il dovere di avere adesivi sulle maglie né di leggere il diario di Anna Frank. La farsa grottesca è che non si legge nemmeno più a scuola, ma si è imposta la sua lettura allo stadio. Un ottimo modo per creare antipatia per gli ebrei. Perché ciò che viene imposto, e non scelto, non crea simpatia. E ciò che viene imposto in modo enfatico e ridondante viene a noia, e in alcuni genera repulsione e odio.
Complimenti alla Comunità ebraica italiana, che ha acconsentito alla lettura del Diario negli stadi: ancora crede di ottenere considerazione e rispetto in questo modo – ottiene solo un esercizio di potere. E l’ipersensibilità della Comunità ebraica, che vorrebbe sempre avere un trattamento di riguardo, e che dice che i fiori di Lotito non bastano, viene assecondata dalle istituzioni, producendo una amplificazione di ogni notizia che riguarda gli ebrei o la Shoah che non solo non combatte l’antisemitismo ma lo rinfocola.
La giusta dimensione di quel che è successo con gli adesivi di Anna Frank è quella di un gruppo fascistoide di adolescenti e giovani che dà dell’ebreo a un altro gruppo fascistoide (che a sua volta aveva fatto lo stesso con Anna Frank tempo fa). Nulla più. In gioco la supremazia fascista: i laziali vogliono essere fascistissimi. Ma i romani non sono di meno. Quegli adesivi sono quasi satirici. In fondo, a me vederli fa un solo effetto: voglia di gridare “Forza Roma”. Al massimo, se fossi in Vauro, farei una vignetta con Hitler in tenuta militare che si inchiappetta Mussolini che indossa la maglia della Lazio. Il tono delle risposte, per me, questo dovrebbe essere. Invece, leggendo qua e là, sembra che sia stato commesso un grave crimine, e molti fanno la gara a dirsi disgustati, indignati ecc. Per carità, ognuno ha la sua sensibilità. Ma a chi si straccia le vesti per questo episodio vorrei chiedere: se Filippo Facci può scrivere un editoriale su un giornale a tiratura nazionale dicendo che odia l’Islam e gli islamici (tutti), e viene rubricato da giornalisti e opinionisti come libertà di espressione, perché mai dei tifosi fascisti dovrebbero essere condannati per quegli adesivi? Perché ci deve andare di mezzo la società calcistica della Lazio? Se Facci può scrivere su Libero, testuali parole: “Io odio l’Islam, tutti gli islam, gli islamici e la loro religione più schifosa addirittura di tutte le altre […] quel manualetto militare che è il Corano, anzi, quella merda di libro”, e molto altro ancora, io credo allora che anche allo stadio i tifosi possano dire di odiare islamici, ebrei, negri, cinesi, marziani ecc. Oppure, se sbaglia Facci, e sbagliano i tifosi a fare cori razzisti, vorrei chiedere: e allora perché non parlare ogni domenica dei cori razzisti negli stadi? Perché non procedere con le condanne dei giornalisti che istigano all’odio razziale, e poi dei tifosi? Fare un fotomontaggio con Anna Frank in maglia romanista mi sembra ben poco, in confronto.
Ma ovviamente da noi, Italia, ha scatenato il putiferio. E anche la caccia all’untore. Tra un po’ metteremo obbligatorio per tutti leggere il diario di Anna Frank (io ho già dato!), così Mihajlovic impara e si vergogna di non averlo ancora fatto! Ma perché allora non si dovrebbero vergognare le persone che non hanno letto Ivo Andric? Mihajolovic giustamente dice che da piccolo, a lui leggevano Andric a scuola, non il Diario di Anna Frank.
Alla fine, mi trovo d’accordo con Facci su questo episodio. Scrive Facci:
”
http://www.repubblica.it/politica/2017/10/24/news/siamo_tutti_anna_frank-179162081/
Pubblicato da Filippo Facci su Giovedì 26 ottobre 2017
Grazie Lorenzo.