Di Libera Capozucca
Parterre (24) L’esordio di questo artista, sobriamente introspettivo, è un album di versi e note che cadono senza rumore, dentro un battito di ciglia. Un racconto privato, condominiale che, da pensieri chiusi in piccoli appartamenti, si apre al mare quasi volesse discolparsi della propria limitatezza. Come un irresistibile richiamo, trascinato dal suono della chitarra, su versi garbati in lingua inglese, il tessuto cantautorale si muove fluido. Vi domina un messaggio positivo, lontano da brutalità e separazione. Ancora presto per dire se questo album rappresenti la scalata alla notorietà di un talento musicale; di certo esprime un’urgenza compositiva autentica. Dunque da ascoltare.
Il brano di apertura (“Hard times coming”) ha uno stile leggero e ventoso. In bilico tra folk e pop, alleggerisce la sostanza di una giocosità contagiosa, per preparare l’animo a tempi faticosi. Mentre l’autunno fa il suo giro, la riva del mare raccoglie spruzzi di sole e calore, quasi a dirci che un’isola è un approdo certo da cui ripartire (“An island might be not the end”). E allora si riparte in direzione di “Me and Ethan”, dal buon impianto pop, armoniosamente affine agli Arcade fire di “The suburbs”. E’ un dialogo di intenti tra due anime in viaggio, seguendo itinerari lenti e in continuo mutamento. La meta è in “nessun dove”, quel luogo inverosimile in cui l’amore pulsa come la fiamma di una candela (“Like a candle”) al vento senza spegnersi mai, e dove il cuore è un piccolo cimitero di guerra tra fiori di campo (A heart like a graveyard”). I Kings of convenience ammiccano da “Dark parade”, dolcissimo canto a due voci, ma è con “Her hair was like sand” che le delicate rugiade di suoni lasciano spazio ad una ritmicità non immune da aperture melodiche. Le stesse che ritroviamo in fondo all’album (“Through the street of this town”).
Ascoltato questo, il lavoro risulta interessante e ben suonato. E’ vero, alcune cose appaiono come già sentite. Tuttavia ingredienti buoni preparano cibi sfiziosi, specie se sono fatti in casa e se hanno un’intrinseca genuinità. Allora perché non farli assaggiare a tutti?