di Marta Cutugno
“Ma chi m’importa. Iò ti vogghiu in vita”
“Se ci si domanda quando è nato dentro di noi un canto, ci si accorge che l’occasione, il momento, è un intreccio di tempi e storie. Il modo in cui esso arriva poi agli altri può generare immagini, suoni, memorie e anche scrittura. Accanto alla narrazione di esperienze e incontri che hanno suscitato in me “Cantu di notti”, il lettore troverà quindi, in questo libro, i pensieri, le riflessioni e i racconti di altri autori”.
(da pag 5)
Lava di fuoco,
magma,
distruttivo dolore consapevole
minaccia la fronte
e le spalle.
Curva onda, linfa d’albero,
dolce molle bellezza
nella schiena e sui fianchi.
Sinuoso fiume la seduzione
percorre il limpido blu
delle vene
nel bianco delle braccia.
Spada di forza e giustizia
nelle tese corde delle gambe.
Danza, memoria di ali adolescenti
nei piedi.
E la limpida, marina acqua
del generale nel ventre,
ragione di fibre e di corpo.
Esplodono di schegge lucide
alla mente il presente,
l’evento, la morte,
la lunare ragione
e caparbio il coraggio.
Ma il grembo
ragione e coraggio raccoglie.
Come bordi di nube
la certezza del vivere,
del nascere
la tiepida notturna tenerezza.
Volume piccolo e tanto prezioso, il “Cantu di notti” di Giovanna La Maestra sa di sangue, di terra e di viscere. La notte che porta un malu sonnu ospita il breve dialogo tra una donna e tre giovani amanti della giustizia. È la condizione di una terra martoriata che “soffri e non poti parràri” e che spera nella memoria di chi resta “ca cu’ si scorda ammazza du’ voti”. Un’operazione necessaria di memoria e di risveglio dal torpore della coscienza attraverso i versi di un canto. Il canto, un codice di musica e parole, evocazione dello spirito, qui legato alla notte, al buio pesto in cui versano fatti ed anime della società. Un squarcio silenzioso che trova voce in una tradizione letteraria.
Edito dalla Pungitopo editrice nel 1991, il testo si espande dal cantu di notte e comprende anche scritti di altri autori: una comunione di pensiero, condivisione di prospettiva che unisce i versi di Giovanna La Maestra a sezioni di cinque autori distinti che sono “Nei territori del sogno” di Angelo Tripodo, “Silenzio” di Antonella Cammarota, “Desiderio di un viaggio” di Nino Romeo, “Il vecchio di Amendolea”di Anna Maria Matricardi. Il “Cantu di Notti” è stato rappresentato alla Sala Laudamo di Messina in occasione della Rassegna di Giovani Compositori dell’Ultima Generazione curata dall’Ars Musica di Messina e dall’Accademia Musica Nova di Roma e successivamente è andato in scena anche a Pentidattilo, in Calabria, come contributo all’Associazione La Ragnatela ed alle iniziative di sostegno del progetto di recupero del borgo antico, a Citta di Castello, in Umbria, alla Fiera delle Utopie Concrete.
Questo è il principio del “Cantu di notti”, espressione e celebrazione di un dolore muto e inappellabile, che vede la luce e viene messo su carta pochi giorni dopo la morte di Mauro Rostagno ed alcuni mesi dopo quella di Nino Romeo, ex alunno dell’autrice. Giovanna La Maestra elabora in scrittura l’amarezza dettata da quegli eventi per lasciare un messaggio chiaro che si fermi nella memoria storica.
*** da pag 55
“[…] … la morti …
unu lu cogghi davanti ô canceddu
di ‘nu giardinu d’aranci, la notti;
l’àutru pi la straduzza di campagna
e l’àutru lu minaccia di luntanu
mentri addumanna, addumanna giustizia”.
“Nessuna convinzione, nessuna posizione politica, nessuna scrittura potevano essere una risposta efficace a questo vuoto che riguardava ferite, dolori e memorie di una civiltà e di una cultura ammutolita dal suo essere rimasta senza voce.
Fu allora che mi resi conto che solo un rito, un canto che scaturisse dalla nostra cultura potevano colmare questo vuoto e riaffermare il valore del vivere. Capii che solo una lingua materna e un suono materno potevano esprimere quello che provavo”.
Da sempre attenta ai principi di cooperazione e di didattica inclusiva, con lo sguardo sempre orientato agli ultimi ed ai diversamente abili, Giovanna La Maestra è fondatrice insieme ad Angelo Tripodo, del Cantiere dell’Incanto presso la Casa del Con di Messina. Alla base di ogni suo intervento e contributo, sta dunque questa folle spinta di sensibilità coraggiosa, necessaria. Una sorta di denuncia del bene e di un profondo senso di giustizia, di equità. Quando Giovanna sentì la necessità di scrivere queste pagine, prese subito coscienza di quanto il “Cantu di notti” fosse già profondamente radicato nella memoria di eventi lontani nel tempo e legati alla sua personale esperienza di ricerca metodologica all’interno del Movimento di Cooperazione Educativa. Il Movimento di Cooperazione Educativa trae le sue origini e ispirazioni dall’insegnamento di Célestin Freinet che diede avvio ad un movimento di “pedagogia popolare” laica, cooperativa, e socialmente impegnata. Nato come “cooperativa della tipografia in classe” nel 1951, il movimento assume nel 1957 il nome di M.C.E. Fa parte, insieme ai movimenti e gruppi della Pedagogia Freinet, della Federation Internationale des Mouvements d’Ecole Moderne. La ricerca, nell’M.C.E., avviene all’interno del laboratorio adulto, sostenuto e organizzato dai Gruppi territoriali e nazionali.
Versi nella lingua madre, che scavano nelle viscere della terra per raggiungere quella parte più sopita e scuoterla con l’amara riflessione per amor di verità e senso del bene comune.
Quello che ho detto non so da quale parte del mio cuore viene, so soltanto che è antica e da sempre l’ho cercata in un canto” – Angelo Tripodo.
In foto, uno dei disegni di Angelo Tripodo presenti all’interno del volume.