maggio 1948 – maggio 2018: il Giro d’Italia di ciclismo festeggia i 70 anni di Israele (e Gerusalemme capitale)

Avete letto bene. L’efficace propaganda estera israeliana, insieme al denaro, e la cedevolezza, la sudditanza italiana verso Israele, hanno creato un mostro: un Giro d’Italia che parte in Israele. E succede a maggio del 2018, quando scoccano i 70 anni della Dichiarazione di Indipendenza di Israele, e quando Trump ha proclamato Gerusalemme capitale unica dello stato ebraico.

Israele, con abile operazione di propaganda, si è assicurata, pagando, che tutta l’Europa potesse partecipare alla festa per Israele e Gerusalemme. Come scritto da Alberto Negri:

La maglia rosa del Giro d’Italia quest’anno l’hanno già vinta gli israeliani: come ciclisti non sono un granché ma sulla propaganda e il marketing non li batte nessuno. Anche a costo di qualche clamoroso falso storico sulla figura di Gino Bartali. Al prezzo di 16 milioni di euro versati a Rcs e Gazzetta dello Sport l’inizio del Giro d’Italia è stato “appaltato” a Israele: tre tappe sul territorio israeliano e partenza ieri con una cronometro individuale da Gerusalemme. A Gino Bartali, accreditato come salvatore di ebrei durante la guerra, viene conferita la cittadinanza postuma. Se fosse vivo forse guarderebbe al di là del muro che separa israeliani da palestinesi e non sarebbe poi tanto contento.

Un lettera di una trentina di intellettuali ebrei italiani sottolinea le incongruenze di questa iniziativa, un’operazione di immagine in occasione del 70° anniversario dello Stato di Israele. Se per molti ebrei la data del maggio 1948 significa la rinascita dopo l’Olocausto, ai palestinesi questo passaggio storico ricorda la “Nakba”, la catastrofe, con l’umiliazione e l’esilio per centinaia di migliaia di arabi. Non solo: tutto questo avviene mentre Israele prende letteralmente di mira i palestinesi e lo stato ebraico è coinvolto nei raid in Siria e vorrebbe fare la guerra all’Iran.

La stessa tappa a Gerusalemme è stata una sorta di sfida alla legalità internazionale: la parte orientale è una città occupata. Una situazione inaccettabile rafforzata dalla decisione di Trump di trasferire da Tel Aviv a Gerusalemme l’ambasciata Usa e di riconoscerla come capitale dello stato ebraico. Il Giro rischia di trovarsi in mezzo suo malgrado ad un’operazione politica e propagandistica a favore di decisioni illegali e non accettate dalla stessa Unione europea, oltre che dalle risoluzioni dell’Onu. 

Come se non bastasse, per rendere memorabile la ricorrenza, è stato coinvolto anche Gino Bartali, già entrato nel Giardino dei Giusti dello Yad Vashem e ora cittadino onorario di Israele per il salvataggio di alcuni ebrei tra il 1943 e il 1944. La questione in realtà è assai dubbia, neppure lo stesso Bartali da vivo l’aveva mai confermata. In realtà secondo lo studioso Michel Sarfatti (fino al 2016 direttore della Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea) si tratta di un clamoroso falso storico.

Secondo un libro, “Assisi clandestina” di Alexander Ramati pubblicato nel 1978, Bartali aveva l’incarico di corriere tra Firenze e Assisi. Il ciclista raggiungeva Assisi, fingendosi in allenamento, con fotografie e documenti, tornando indietro con carte d’identità false per salvare la pelle agli ebrei e ai partigiani perseguitati da nazisti e fascisti. Il racconto è suggestivo. Il materiale clandestino era occultato nella stessa bicicletta di Bartali che sfilava i manicotti dal manubrio e svitava il sellino per prendere le fotografie e le carte nascoste dentro il telaio.

Lo storico Sarfatti, in dettagliato articolo, dimostra che si tratta di un racconto pieno di invenzioni. Un falso. L’attività di corriere tra Firenze e Assisi attribuita da Ramati a Gino Bartali non è menzionata né nelle testimonianze degli organizzatori del soccorso fiorentino, né in suoi scritti privati o dichiarazioni pubbliche e i documenti che la descrivono si basano sul libro di Ramati. Inoltre è esplicitamente smentita da don Aldo Brunacci, canonico della cattedrale di Assisi, incaricato dal suo vescovo di organizzare il soccorso agli ebrei.

Sarfatti riporta la testimonianza di Brunacci: “Si tratta di un vero romanzo. L’autore di “Assisi clandestina” aveva certamente in mente un copione per un film e non poteva trovare personaggio più adatto di Bartali, l’eroe sportivo per antonomasia di quell’epoca”. Il commento di Sarfatti sulla vicenda Bartali è lapidario: “La storia della fabbricazione delle false carte di identità per gli ebrei clandestini a Firenze è lastricata di grandiosa umanità e terribili lutti. La prima non necessita di miti, i secondi richiedono rispetto”.

In sintesi: lasciate riposare in pace Bartali e “Quel naso triste come una salita/ Quegli occhi allegri da italiano in gita”, come cantava Paolo Conte. Lui pedalava davvero e neppure da morto ha bisogno del doping dei falsi storici per rimanere nella memoria degli italiani e dello sport mondiale.

Da qui: http://notizie.tiscali.it/esteri/articoli/polemiche-giro-italia-israele-bartali/

La lettera dei trenta intellettuali ebrei, cui va tutta la mia stima, è questa:

Nel prossimo maggio lo Stato d’Israele compirà 70 anni. Se per molti ebrei la memoria del maggio ‘48 sarà quella di una rinascita portentosa dopo la Shoà e un’oppressione subita per molti secoli, i palestinesi vivranno lo stesso passaggio storico ricordando con ira e umiliazione la Nakba, la “catastrofe”: famiglie disperse, esistenze spezzate, proprietà perdute, il tragico inizio dell’esodo di una popolazione civile di oltre settecentomila persone.

Molto problematica è in particolare oggi la situazione di Gerusalemme, città che Israele, dopo averne annesso la parte orientale, celebra come “capitale unita, eterna e indivisibile”. Tale statuto, oltre a non essere riconosciuto dalla stragrande maggioranza dei governi mondiali, secondo i dettami dell’accordo di Oslo del 1993 doveva essere oggetto di negoziati fra le parti in causa. Gerusalemme Est resta quindi, secondo le norme internazionali, una città occupata con i suoi 230.000 ebrei che vi abitano in aperta violazione delle suddette norme.

A rafforzare la pretesa del governo israeliano su Gerusalemme e a infliggere l’ennesima pugnalata al già moribondo processo di pace è calata nel dicembre 2017, come un colpo di maglio, l’iniziativa di Donald Trump di riconoscere ufficialmente la città quale capitale dello Stato d’Israele: una decisione che ne trascura completamente la complessità simbolica, ne ignora la natura molteplice e la condizione giuridica, obliterando l’esistenza dei suoi residenti arabi palestinesi (quasi 350.000, tre quarti dei quali vivono al di sotto della soglia della povertà, privi del diritto di acquistare terreni, costruire o ingrandire le proprie abitazioni – da cui spesso, anzi, vengono scacciati – e di prendere parte alle elezioni in Israele).

L’amministrazione americana ha già annunciato che trasferirà l’ambasciata da Tel Aviv a Gerusalemme proprio in coincidenza con il 70° “Giorno dell’indipendenza”, una “scelta che” ha commentato il primo ministro Netanyahu lo “trasformerà… in una celebrazione ancora più significativa”.

Ma un’altra iniziativa concorrerà, nelle intenzioni dei suoi organizzatori, a rendere memorabile la ricorrenza: la partenza del Giro d’Italia da Gerusalemme. A pretesto e giustificazione di questa scelta, la volontà di onorare la memoria di Gino Bartali che ha trovato un posto nel “Giardino dei giusti” di Yad Vashem, nel 2013, grazie alla sua opera di salvataggio – peraltro non così ben documentata – di alcuni ebrei fra il ’43 e il ’44. È invece indubbio il finanziamento che riceverà la RCS insieme alla sua “Gazzetta dello Sport” grazie a tale operazione: 12 milioni di euro, più altri 4 offerti agli organizzatori dal miliardario israelo-canadese Sylvan Adams, presidente onorario del Comitato Grande Partenza Israele che afferma (da “Nena News”, 20 novembre 2017): “Questa storica Grande Partenza della 101esima edizione del Giro ci permetterà di presentare il nostro paese a oltre cento milioni di spettatori tra quelli collegati via televisione e presenti lungo le strade”. E gli fa eco Yariv Levin, ministro del Turismo israeliano: “Come parte di una rivoluzione nel marketing, che vede Israele quale destinazione turistica e per il tempo libero, stiamo portando il Giro d’Italia nel nostro paese”.

Se ne può quindi dedurre che il Giro d’Italia così concepito assecondi l’esigenza israeliana di presentare al pubblico, nazionale e internazionale, una facciata ripulita dalle immagini di violazioni e violenze coniugandola con la ricerca di RCS Sport di capitali e di una visibilità che immetta decisamente anche il ciclismo nel sistema di affari in cui il profitto detta le scelte e le agende dello sport.

A proposito di agende, in quella della prevista kermesse gerosolimitana figura, dal 13 al 15 maggio, la “Marcia delle nazioni: dall’Olocausto alla nuova vita”. Stando al testo del programma, si prevede che si raccolgano a Gerusalemme migliaia di cristiani provenienti da tutti i paesi per prendere parte a un convegno speciale. “Insieme con israeliani di ogni segmento della società, le masse dei credenti in Cristo marceranno dalla Knesset al Monte Zion e recheranno onore ai sopravvissuti dell’Olocausto, dimostrando pubblicamente che le nazioni si ergono a fianco d’Israele per dire ‘No!’ all’antisemitismo.”

Infine, ciliegina sulla torta, è del 16 marzo la notizia che la Commissione giustizia della Knesset sottoporrà, nelle prossime settimane, al parlamento un pacchetto di leggi che trasformano definitivamente Israele in uno “stato ebraico”, abolendo così una volta per tutte la tanto fastidiosa parola “democratico” dal suo statuto e facendo in tal modo, finalmente, “chiarezza” sulla propria natura: sempre, è ovvio, per festeggiare il 70° anniversario (vedi a questo link). Tale passaggio sancirà, ancora definitivamente, l’esclusione dai diritti dei non ebrei residenti in Israele e faciliterà alle istituzioni preposte il compito di sbarazzarsi innanzitutto dei palestinesi ma anche degli immigrati non graditi.

Legittimando e rendendo irreversibile l’annessione di Gerusalemme Est e l’occupazione della Cisgiordania, l’intera operazione intorno al 70° anniversario della nascita d’Israele viola la legge internazionale e affossa forse definitivamente il processo di pace.

In quanto ebrei, consideriamo tale operazione un vulnus ai valori di giustizia e di ricerca della pace su cui si fonda la parte migliore della nostra tradizione. Ci rivolgiamo quindi a coloro che hanno ancora a cuore tali valori perché respingano un’operazione così dannosa per gli ebrei e tanta parte di umanità, chiedendo a ciascuno, con un atto di responsabilità personale, di sottoscrivere la nostra denuncia.

Bruno Segre, Susanna Sinigaglia, Stefano Sarfati, Anna Farkas, Carla Ortona, Stefania Sinigaglia, Giorgio Forti, Giorgio Canarutto, Joan Haim, Miriam Marino, Paola Canarutto, Sergio Sinigaglia, Marco Ramazzotti, Fabrizio Albert, Marina Ascoli, Guido Ortona, Giovanni Levi, Simona Sermoneta, Shmuel Gertel, Giorgio Segrè, Bruno Osimo, Ester Fano, Renata Sarfati, Irene Albert, Paolo Amati, Dino Levi, Barbara Agostini, Ferruccio Osimo, Lavinia Osimo, Antoine Dubois, Daniel Magrizos, Marina Morpurgo.

Da qui: http://temi.repubblica.it/micromega-online/70-anniversario-di-israele-la-lettera-di-denuncia-di-32-ebrei-italiani/

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