La poesia prende forma dalla vita. Il pensiero che si vive e si vuol restare, così come testimonianza di sparire è cercare di fare poesia. Ma questa vita del pensiero a volte sfora, a volte si perde. Altre volte assume sue forme, così estranee a noi, così simili e lontane dalla vita. L’opera che le comprende cerca solo spazio, per restare in un cantuccio più ustionato. Ecco il fuoco dell’opera, dove il tizzone è già cenere. Così ogni opera ha i suoi morti. I suoi tagli viscerali. Perciò ho deciso di sezionare, di fare carne da macello. Di essere ruvido, ma anche di non tralasciare. Per essere fuoco e cenere e restare altrove. Così che un’opera diventa due. Di quest’opera esiste un lato A. Per ora
c’è solo il lato B.
L’autore
85
Cara persona che tu sei dentro di me,
qui ti scrivo per non vederti,
o per vederti scrivere chi sono.
In un tempo che oggi più non è, c’eri eccome
proprio simile al mio essere, da dire
non mi spaventa essere te.
Ma vedi, molti ruscelli sono stati allora,
e oggi, vedi oggi come sono corti,
e in fondo alla riva cosa resta
o chi?
Una statua bagnata qui non vede il sole.
Una luce appena, una specie di fulmine celeste.
Sarà forse Dio che chiama, da una nube,
sarà sotto la terra che continuano i ruscelli.
Ma questo tu, cara persona ignori,
o forse sai benissimo di che cosa parlo,
perché poterti vivere, oh sì,
sarebbe sentire la statua aprirsi,
girarsi e diventare carne e forse
un occhio che ancora si vuole immaginare.
Ma cara persona, tu non mi spaventi;
non mi ricordi più l’ansia o la meraviglia
o il volto di quel marrone poco chiaro,
bacio che non ho mai restituito.
Questo volevo dirti, che dentro l’acqua
del mio sentire non c’è più tempo,
e la statua che qui sento è sotto il fondale.
Ma tu trattienimi d’acqua, per respiro
di sapere che non sono io che scrivo,
ma la tua esistenza di ritornare vita
mia cara persona che non ci sei mai,
prima che io nascessi tu eri già così,
eri qui e mi vedevi scrivere.
(È così che dio ci inventa, come persone care?
Tutti uguali ma così distanti e altrove,
è così che ci chiama, i suoi figli, prima
e dopo la vita, è lui l’attimo in cui si muore?).
87
Un giorno poco chiaro
l’aquila parlerà come l’uomo,
e così il fiume
così come si dice essere stati.
(Ma non sarà poco chiaro
quel giorno sarà solo aquile
e l’uomo dentro il fiume
saprà essere uguale).
Ma come si dice essere stati?
Forse un’aquila da grande
quando smette di volare
o forse un fiume morto il giorno prima.
(Così il giorno dopo diventa chiaro
l’uomo che vola e vede tutto un fiume,
sarà così che l’aquila non vola più,
se vede un fiume diventare uomo).
89
Come lasciare un fiore
nell’anima che si vuole morire
non sarebbe migliore l’aldilà
né la vita vista dall’alto
tra due braccia libere
in un prato
si ricorderà qualcuno è certo
qualcuno che qui dentro ha amato.
Ora i cavalli sono liberi
fuori dalla piazza dalle luci
eppure una tenebra resta
è una tenebra ma si vede morbida
lasciare l’esistenza
sarà questo essere stati
un momento sopra il cavallo
sarà stato umano vivere in croce
e anche una mano sopra l’altra
ora che la mano resta sola.
92
Doveva essere di un colore eterno
la vita, o di un eterno lì a colorare,
o doveva solo una vita
diventare dolore, un martello
a fare scheggia le persone
e il mare. Ma il mare, oltre il suo blu,
non osa immaginare. L’ombra così
è un uomo, con lo scalpello
spacca tutto quando scrive versi.
Già, i versi… il mantello che si apre
e si chiude, e dentro non c’è una parola
che soffra per sempre e che duri,
o che pura gioisca, incosciente
del gioire che fa parlare le piante.
(Ma le piante non si muovono, sono eterne,
e il loro respiro è già vero futuro
rotondamente come si viene al mondo,
profondità e poi superficie).
Basterebbe così, un sorriso e le onde
del verde più sotto del mare,
basterebbe di vivere, qualcuno dice
di ritorno dal rumore del sole
il solo colore che conta ed esiste
l’ombra prima che nasca carezza.
99
Tu mi sei cara, così azzurra
e soffice quando sfiori il ramo,
ti piace l’albero, il suo svanire,
così come vedi il vento.
Tu mi sei cara e io ti rivedrò
stesa ancora qui, tra cento
vent’anni. Ma sarai un’altra,
sarai un’altra e più bella.
Sarai sempre tu, e il vento
lo stesso, e ancora quel ramo.
Tutte le cose care così, eterne,
restano indietro per sempre;
ma per sfiorare un ramo per vedere
il vento, molto tempo deve svanire.
(Come se tornasse con la chiarezza
dei cari volti amati, un vento un ramo
e una persona più bella, a vedere lì
quel giorno lontano, il nostro essere
stati per poco). Ma tu mi sei cara e io voglio
rivederti. Passeremo leggeri negli anni.
Non saremo più noi, questo è certo,
ci saranno altri noi più belli. Ma ti rivedrò
in quel vento, in quel ramo. È così
che funziona la terra.