Finalmente qualcosa di diverso. Questo è stato il primo pensiero quando ho ascoltato Francesco Tripaldi leggere una sua poesia, tra mille contrattempi dovuti a cellulari che squillavano, durante la serata del Premio Gozzano. Poesia ho scritto perché di poesia si parla, non di mediocrità o di banalità. Non conoscevo Tripaldi, se non per aver letto qualcosa di suo un paio di anni fa e sono pronto a scommettere su di lui. Maneggia la materia poetica con naturalezza, innestando il nuovo e il consolidato, con giochi geometrici e di rime interne e palesi. Un fondo di ironia che emerge soprattutto quando ragiona sul ruolo del poeta , misero portatore di sillabe ed ego. Affronta poi, negli inediti che mi ha dato in lettura, un topos della lirica : l’amore. È un coltello leggero che taglia la carne del lettore con strutture ad incastro, dettato fortissimo e plurisignificati ad libitum metapoeticamente. Per me una scoperta fantastica, una voce matura, dal quotidiano al metafisico passando anche da una ibridazione linguistica con il mondo informatico. Tanto tanto bravo. Non mi stupirei di vedere presto un suo libro in fogli ed ossa, perché vi assicuro non sarebbe un “nome” che pubblica, sarebbe un “regalatore” di storie che galleggiano sopra una terra arida. Tripaldi è davvero un poeta per legittima difesa.
Poeta lo dici a tua madre
Ma cosa ne sai tu,
del potere evocativo del dolore,
di bocche sempre sporche di parole,
di totem o di tabù.
Il poeta è un gambero,
ha il cuore nel cranio.
Cosa ne sai,
di consunzione e consustanziazione,
dei lutti di amici immaginari
delle ardenti condoglianze dei dioscuri,
di chi cerca di fare un occhio nero alle nuvole,
del disperato digiuno dei pidocchi
tra le ali degli angeli.
Cosa ne sai tu,
di come rubare alla luna il pallore,
ai bambini il pallone
per non sentirli gridare più.
Cosa ne sai,
della differenza tra favola e fiaba,
di tramonti vermiglio come ginocchia sbucciate,
dell’arte vera e di quella che si fa concupire,
di chi esercita
il mestiere più antico del mondo,
quello con la “p”,
il poeta.
Il machine learning e la notte stellata
È troppo buio per vedere là fuori,
per non pisciarsi sui piedi.
È troppo buio per vedere
cosa si agita in te
le tue query a Google,
i tuoi voti a Dio.
Madre natura è senza fiato,
le hai rubato il diario dei semi,
le stagioni smetteranno di ruotare
la terra inaridirà come il nostro vocabolario
la profilazione sostituirà il libero arbitrio.
Saremo poeti per legittima difesa,
e bari per necessità
in questa notte stellata,
in questa galassia di big data
Preghiera 2.0
Web provider che sei nel cloud,
sia aggiornato il tuo firewall,
venga il tuo hosting
sia fatto il tuo backup
tratta oggi i nostri dati quotidiani
e rimetti a noi i nostri bitcoin
come noi li rimettiamo alla blockchain
e non ci indurre a prestare consensi inconsapevoli
ma liberaci da ogni irreale
aspettativa di privacy
Password: @m3n
Il nostro amore è un tappo rosso nello stomaco di un gabbiano
Il nostro amore
è un tappo rosso nello stomaco di un gabbiano:
tutto ciò che resta
dopo una vita in volo,
la notte che si dissolve
come un fondo di caffè nel lavandino,
l’ombra
che non fa più il gioco dell’assassino,
la televisione senza pubblicità.
Non dirmi, quindi,
che amarsi è da piccolo – borghesi
come la puntualità;
che la bellezza è anarchica per definizione
o che chi ama affonda
in un miraggio di circolarità,
nei pagamenti a rate, nei cibi bio,
nelle illusioni di Karl Marx…
perché il nostro amore
è un tappo rosso nello stomaco di un gabbiano,
ha visto prima il consumismo del mare
poi l’aristocrazia del cielo,
è un tappo di plastica
non può affondare,
ha il pregio dell’incorruttibilità
e noi lo proteggeremo
dalle fonti di calore,
dai predatori delle assicurazioni,
dalle mutande altrui,
dalla noia
e dalla banalità delle spiegazioni.
Chi vuol essere Guido Catalano
Ad opinione del mio medico,
si è possibile morire di ciliegie.
Più precisamente, secondo lui,
è possibile morire anche di tamarindo,
mandorle, melograno, castagne,
frutti di bosco, uva spina, more…
Insomma di qualsiasi cosa.
Gli ho chiesto allora
se fosse possibile
morire di poesia.
Ad opinione del mio medico,
si è possibile morire di poesia.
Più precisamente, secondo lui,
è possibile morire di Rondoni,
Arminio, Zanzotto, Pecora, Catalano…
Non è tuttavia possibile morire di
Calandrone, Mari, Cavalli,
Mussoni, Cristalli, Flaiano…
Quindi, dottore,
mi conviene fare attenzione?
Cosa mi consiglia.
Lei, Tripaldi, stia tranquillo
e pensi piuttosto
a non uccidere nessuno.
Un pensiero su “FLASHES E DEDICHE – 98 – POETA LO DICI A TUA MADRE (FRANCESCO TRIPALDI)”