Un dio Giallo (Lietocolle 2018) è un libro che non può passare sottotraccia. Un’architettura solida e una narrazione attenta e mai banale. La Bronico costruisce un libro dove mescola la sensorialità, i miti, l’amore e le ferite interne con una impalcatura interna, un endoscheletro, formato dai colori. In una intervista di un paio di anni fa spoilerava praticamente il testo, dichiarando la sua predilizione per il “giallo”. Tutto sembra così semplice. La genialità della Bronico invece esplode improvvisa, i colori si mescolano, la polisemia è esplicita. Un libro “difficile” perché l’autrice svia, devia, nasconde. Il Giallo, un giallo maiuscolo a differenza del dio, è un correlativo che fa da leitmotiv, la tavolozza è usata ora per la quotidianità, ora per una rabbiosa forma di gelosia (il giallo è anche questo), ora per la solarità. Il rimando al dio Apollo è continuo : il ruolo di Apollo e l’identificazione sono invece discontinui. Troppo semplice parlare di un “lui”. Apollo è il dio del sole, una divinità, ma anche delle arti e della poesia è, anzi, il capo delle muse(è lui stesso la poesia?); il colore giallo in psicologia ha connotazioni positive più che note, Apollo prende Apollo dona, fa soffrire e consola. La Bronico però non è un eliotropio, non è Clizia; è lei che determina e disegna traiettorie, cancella, si fa sole. Un libro ben riuscito, un’ottima seconda prova dopo “L’abito della felicità”, una scrittura fluida e coraggiosa, dove anche onomatopeie e neologismi sono tentati con successo.
Process Black: non vedo nulla
Si preoccupava della
luce per vedere meglio
il colore dei calzini.
Io sceglievo a caso
reggiseni e mutande,
sbadata nell’assortimento.
PANTONE Process Black C*
[al buio non vedo nulla].
Tienimi con te quando sei triste,
attaccata alla membrana che
copre il cuore.
Tienimi stretta tra orecchio e cervello,
filtro dei suoni.
Hanno evacuato i corpi
dalle emozioni,
non c’è più riparo
[sei tu il mio Giallo ]
Tienimi come portachiavi,
moneta per il carrello,
acqua [notturna] sul comodino,
forchetta per il pasto,
coperta del riposo,
lettura [intima] della domenica.
Ral 3000*: Ora di punta
Vomiti.
Senza arrenderti
ai conati.
Fastidioso
ricordo ficcato nello stomaco,
spina piantata
a fondo, graffia mucose.
Esploso il cuore,
nascosto accuratamente
tra intestino e reni;
bastardo,
scuote le viscere,
impietosi attacchi di panico,
extrasistole a perdi fiato.
Non è correre al riparo,
camuffare lo sguardo
in libri presi alla rovescia.
Tenti l’aborto
d’un nuovo amore invadente,
mandando a rotoli
sere gravi trascorse
a memorizzare
litanie
convincenti
sulla fine dei rapporti.
Programma fasullo
di labbra rosso vivo,
colore
per credere a noi.
Noi?
Disperati nella lontananza,
nascosti,
sgualdrine nell’ora di punta.
*RAL 3000: rosso fuoco
Ral 1004: Giallo oro
Limone spicchiato galleggia
Giallo lucido nel thè
forte e deciso.
Tazza calda nelle mani,
attesa
del bagno galvanico:
impedimento allo stato
corrosivo del matrimonium.
Soluzione bipolare,
io catodo, tu anodo
per immersione antiossidante.
Io mater, tu pater
per contaminazione genetica.
Metallo su metallo.
Zama versatile
pronta alla doratura,
adottiamo RAL 1004.
Ral 9010*: In serra
Conquistata l’abitudine
a matrimoneggiare,
monogami impegnati,
arroganti cesti di frutta
fuori stagione,
umani sentimentali
coltivati in serra.
Finché la vita non separerà
il giuramento barattato
per un sacchetto di lavanda
depositato tra vestiti
piegati e messi in
cromia nell’armadio.
Sposami.
Appendimi inamidata
tra le camicie bianche
e i quadretti piccoli
perfetti la domenica mattina
d’autunno e castagne.
Debelliamo l’istinto
poligamico, non animali,
nessuna poliandria
a prendere il controllo.
Il velo appeso ai capelli
trascinava filosofia di pensieri
lungo la navata.
Tichettachettichettache:
passi svelti, pioggia
di buon auspicio
eppure il papillon
soffocava l’amore.
*RAL 9010: bianco puro