di Ilaria Grasso
La maternità è un evento che viene vissuto spesso con approcci ed emozioni contrastanti. Le donne ora ne sono più consapevoli ma fino a qualche tempo fa diventare madre era un’esperienza totalizzante che alla donna lasciava ben poco tempo ed energia per se stessa. Questi bei versi di Anna Świrszczyńska si fanno portavoce delle paure e delle volontà di una donna di fronte alla creatura a cui ha dato la vita. Avvertiamo il senso di responsabilità, i timori, le fragilità, le insicurezze, i propositi, gli incoraggiamenti che abitano il cuore di una donna quando diventa madre. L’originalità di questo componimento che vi riporto quì, tradotto da Giorgio Origlia che ne ha curato un articolo monografico contenuto nel numero 344 della rivista Poesia, è data dal fatto che l’io lirico si (e ci) pone la questione della desacralizzazione della condizione materna e dalla consapevolezza che una donna per far crescere in maniera sana il proprio figlio deve mantenere un certo distacco che le consentirà di guardarlo in maniera oggettiva e farlo evolvere in maniera costruttiva e autodeterminante. Come sempre il motore di tutto sarà l’amore che libera e da la vita come possiamo leggere nei versi in conclusione.
Maternità
Ho generato la vita.
E’ uscita gridando dalle mie viscere
ed esige da me il sacrificio della mia,
come una divinità azteca.
Mi chino sul bambolotto
i nostri occhi
“Non mi vincerai – gli dico -.
Non sarò come un uovo che puoi rompere
venendo al mondo,
un ponticello che attraversi per andare verso la tua vita.
Mi difenderò”.
China su di lui
noto
il piccolo moto di un ditino
che poco fa era ancora in me
e nel quale scorre, sotto la pelle sottile,
il mio stesso sangue.
Ed ecco che mi sommerge
un’altra onda chiara
di umiltà.
Impotente affondo.
Adoro forse me stessa
nel frutto del mio corpo
o mi sto offrendo in sacrificio
alla divinità antropofaga dell’istinto?
Dove prenderò la forza, per oppormi
a tanta fragilità?
Necessaria al bambolotto come l’aria,
mi lascio senza resistere inghiottire dall’amore
come l’aria si lascia inghiottire
dai suoi piccoli polmoni avidi di vita.
Dalla rivista POESIA N. 344 – Fondazione POESIA Onlus Italian Poetry Foundation