di Ilaria Grasso
Questi versi estratti dai poemetti di Ottiero Ottieri sono stati scritti nel 1988 e sono ancora validi e attuali. La questione mafia e imprenditorialità è aperta sia al Nord che al Sud. Non sarebbe infatti un fenomeno appartenente a una cultura geograficamente afferente al meridione ma a una cultura imprenditoriale che non sa avere etica e non sa né riconoscere il suo valore né custodirlo disconoscendo la sua importanza sociale in primis. In questi versi liberi, sia nella forma che nella struttura di pensiero, viene evidenziata l’importanza della memoria e ancora di più della consapevolezza sia dell’individuo che lavora sia di quello che gestisce secondo idee e valori eticamente fuori asse.
Infatti tale modalità può generare disparità, pericolosi giochi di potere, e inevitabili effetti collaterali come la corruzione e la collusione. Lo scrittore e poeta romano prende ad esempio il settore tessile che meglio incarna la metafora delle trame della storia imprenditoriale italiana assieme al settore cinematografico con le sue storie che da sempre sono stati il fiore all’occhiello del cosiddetto Made in Italy. Per anni abbiamo esportato i migliori tessuti e i nostri stilisti hanno fatto la storia della moda ma ora, dopo aver incautamente ceduto i segreti del mestiere ad altri per disattenzione e fatto improvvidamente evaporare il genio creativo sotto la gratella della globalizzazione dobbiamo farci delle domande e ascoltarne attentamente le risposte per poter ripartire econquistare il mercato con un’originalità che abbiamo il dovere di coltivare con la cultura, l’apertura mentale e l’instancabile ricerca.
Mafia e Brianza
siete la stanza
in cui vive l’Italia
con la sua inconsistente costanza nella storia
e fa memoria agli storici,
a tutti quelli che scrivono
ma non operano, fra cui io.
Io subisco la storia, non la faccio
e mi giaccio a Milano con mia moglie
come uno scandinavo alto e biondo
nella padania equilibrata e optima.
Ah, equilibrio delicato
della patria e mio.
Siamo soggetti e oggetti
manovrati e interdetti
dai due, tre imperi?
L’universo ci fa piccoli aghi
non in un pagliaio ma nella tempesta
di gelosia.
Non godiamo della festa del mondo
abbiamo tutta testa e niente piedi.
Abbiamo la moda e i turisti
adulati, ben vestiti. Esportiamo
vestiti mai visti nè a New York
né a Parigi, ecco le nostre mura
e gli archi, ecco
la sartorica gloria. Ecco la nostra
contemporanea istoria.
Noi siamo gli stilisti, anzi, gli artisti
della stoffa e della celluloide,
è meglio cambiare paese
o produzione perentoria?
Estratto da POEMETTI – Giulio Einaudi Editore