di Ilaria Grasso
Nel numero 351 della rivista Poesia, mensile internazionale di cultura poetica, scopro un poeta, Pedro Mir, grazie alla traduzione di Antiniska Pozzi. Gli sforzi di questo poeta sono tutti concentrati a “dare voce a una quotidianità collettiva che sapeva di promesse non mantenute”(introduzione della Pozzi alla lettura dei testi). Il poeta domenicano si muove nella difficile condizione di cercare di ostacolare la disgregazione di una comunità e si batte, attraverso la parole, per cercare di mantenere la coesione sociale e la compattezza delle classi sociali. Nei versi che vi propongo possiamo trovare una poesia attiva e impegnata che con parole semplici ci mostra le conseguenze di un “ego” troppo forte in una società minacciata dalla dittatura e dalla fame. All’ IO antepone un NOI che sappia essere da collante per le classi sociali, per i lavoratori e per le etnie. Mir ci insegna quanto sia necessario rimanere uniti non foss’altro per ostacolare quella solitudine esistenziale di cui, chi più chi meno, soffriamo e che inevitabile ci lega e ci dice umani. Nella struttura di questo testo poetico si rivela una grande passione politica e una grande sensibilità. Sonoquesti, strumenti necessari dell’ azione poetica, politica e sociale. Parole come queste, nel periodo storico in cui viviamo, sono prezioso insegnamento e premessa indispensabile per una maturità collettiva che sappia rimanere unita e solidale avendo come costante riferimento l’etica, la responsabilità. Il progresso, questo sembra insegnarci Mir, non deve considerare solo il profitto o agire secondo la logica del branco ma pensare al bene comune di cui tutti possiamo e dobbiamo goderne in maniera civile e rispettosa.
E ora
“io”
la parola precisa
la parola giusta per iniziare il mondo.
E ora
ora la parola è
noi.
E ora,
ora è venuto il momento del Controcanto.
Noi i ferrovieri
noi gli studenti,
noi i minatori,
noi i contadini
noi i poveri della terra,
popolatori del mondo
gli eroi del lavoro quotidiano
con il nostro amore e i nostri pugni chiusi,
innamorati di speranza.
Noi i bianchi,
i negri, i gialli,
gli indiani, i fulvi,
i Mori e bruni,
i rossi e gli olivastri,
i biondi e i platino,
uniti dal lavoro,
dalla miseria, dal silenzio,
dal grido di un uomo solo
che nel mezzo della notte,
con una frusta infallibile,
uno stipendio mediocre,
con un pugnale d’oro
e un volto di ferro,
sfrenatamente grida
“io”
e sente l’eco cristallina
di una doccia di sangue
che con forza si nutre di
noi
e tra i porti allontanandosi
noi
e ai piedi dell’orizzonte delle fabbriche
noi
e nel fiore e nelle foto e nelle gallerie
noi
e nella grande architettura percorso delle orbite
noi
via dai marmi
noi
strada per le prigioni
noi…
In copertina: Pedro Mir ritratto da Miguel Nuñez