di Ilaria Grasso
Per la prima volta propongo due testi. Sono secondo me inscindibili e li trovo nella stessa pagina della plaquette TRATTORI di Alessio Trabacchini da cui sono stati estratti. In molte poesie abbiamo sentito parlare di aratri e di altri strumenti utili in agricoltura. Ma mai di trattori. Trabacchini si concentra sul lavoro del trattore e ne adotta in questi versi il punto di vista in un momento particolare del ciclo produttivo, la trebbiatura, e cioè la parte conclusiva del raccolto. Quando la mietitrebbia ha finito di prendere le spighe ed estrarne i chicchi, a terra rimangono le stoppie, ovvero l’insieme degli steli residui dell’erba o dei cereali. In alcune parti d’Italia queste rimanenze vengono bruciate per rendere fertile il terreno. Solo successivamente il terreno è pronto per essere arato. In Puglia questa è una consuetudine molto diffusa e le stoppie si chiamano “ristoppie” o “ristocce” a seconda della località. Il poeta compie un’operazione molto particolare. Trasforma i nostri occhi in fari, nello specifico quelli di un trattore. Vediamo gli steli abbattersi sotto di noi, li vediamo sparire sotto il nostro corpo-trattore. Trabacchini ci fa immaginare una terra rimanere immobile di fronte alle fiamme del desiderio, in posizione perfetta per essere fecondata dal seme e riprendere così nuovamente a dare frutti.
SOPRA LE STOPPIE
Mentre la guardo, sono
Quella signora in volo,
come un soffione, sopra le stoppie;
senza parole di cortesia.
Sto arrivando, intanto vado via.
QUANDO?
Quando?
…avrai perduto il desiderio
e il caldo ti avrà reso ottuso
e sarai immobile come l’insetto
sulla parete della tua cucina.
allora.
…perfetta sarà la voce,
ogni parola esatta
e senza affettazione.
Cadrai dalla tua altezza
-un metro e sessantuno-
come dal cielo.
Da TRATTORI – La Collana Isola