di Ilaria Grasso
Pensare di passare da un capo all’altro di una grande città, a piedi, è quasi impensabile. Quando non si ha la macchina o non si ha più l’età per guidarla e nessuno può accompagnarti diventa indispensabile l’uso dei mezzi pubblici, tra questi i tram o come chiama romanticamente Consonni “filovie” che dà il titolo alla raccolta. Sono brevi istantanee dal sapore neorealista quelle che ci regala. In questi versi riusciamo perfettamente a visualizzare una delle scene che possiamo sovente trovare nel quotidiano e cioè quella di una nonna che accompagna il nipotino in tram. Forse all’asilo se è mattino o forse a fare sport se di pomeriggio. Questo la poesia non lo svela. In inverno nei mezzi pubblici si sviluppa un particolare tipo di tepore per la calca o per i posti assai vicini nei convogli. Dal lato del finestrino percepiamo il freddo provenire dal vetro, dall’altro il corpo adiacente al nostro ci trasmette inconsapevolmente un po’ di calore che ci rinfranca. Di norma, la buona educazione e il buonsenso, ci portano ad alzarci quando vediamo una donna incinta o una persona anziana. Quando ciò accade, solo per un attimo, quel tepore s’interrompe per riapparire nuovamente quando si ricompone il nuovo assetto nella carrozza e inizia a circolare nuovamente proprio come un tram che frena alla fermata per poi ripartire per raggiungere la successiva.
Slittano tutti
di un posto,
è salita una nonna col nipotino.
In silenzio ognuno
si prende
il caldo del vicino.
Da FILOVIE – Giulio Einaudi Editore