di Libera Capozucca
Caterina Barbieri, in arte Missincat, è un’artista poliedrica che vive a Berlino dal 2007 e che fa musica da oltre dieci anni. Ha pubblicato diversi album in inglese, ha collaborato per varie produzioni cinematografiche, ha persino aperto un tour di Amy Winehouse in Germania. A metà settembre è uscito il suo ultimo lavoro “10”, scritto interamente in italiano. L’abbiamo intervistata per farci raccontare meglio la genesi del suo nuovo album e per parlare della sua carriera.
Il 13 Settembre è uscito il tuo nuovo album, il quinto della tua carriera e si intitola “10”. Perché il numero 10? Che significato ha la scelta del titolo?
Intanto per celebrare il mio primo disco, “Back on my feet”, che usciva dieci anni fa. Dal 2009 ad oggi sono accadute una serie di cose nella mia vita, positive e negative. Penso che una decade sia un periodo piuttosto lungo in cui il rischio di ripetersi, lavorando sullo stesso progetto senza mettersi troppo in discussione, possa rappresentare un serio pericolo per un artista. Io ho cambiato prospettiva, ho mescolato le carte, mi sono rimessa in gioco ed eccomi qua.
“10” è anche il tuo primo disco in italiano. Cosa ti ha spinto a lasciare l’inglese per scrivere canzoni nella tua lingua madre?
In effetti sì. Mi sono messa alla prova scrivendo in italiano, ma non so se sia corretto dire che abbia lasciato l’inglese. “10” è nato in modo molto spontaneo; diciamo che le canzoni del disco sono venute in italiano, senza troppi ragionamenti. Dodici anni a Berlino hanno cambiato il mio modo di pensare e di comunicare; all’inizio mi sentivo un ibrido tra due lingue e due culture, poi ho finito per lasciare quella di provenienza. Ormai non parlo più italiano, così mi sono chiesta se i nuovi pezzi potessero funzionare, se fossi capace di realizzare un disco interamente nella mia lingua madre. Il risultato non mi ha deluso.
“10” sembra un disco di rottura rispetto al passato, di cambiamento. Gran parte delle canzoni parlano della necessità di guardare in faccia il passato e di cambiare pelle. Che storia racconta questo album? Da dove arriva l’ispirazione?
Hai proprio colto il senso della narrazione del disco: confrontarsi con il passato, con le cose che ti hanno deluso, è stato un modo quasi terapeutico per dare nuovo senso alla mia vita. “10” è un album frutto di una profonda crisi ed è il prodotto di un mutamento. Molti pezzi sembrano canzoni d’amore; in realtà il mio interlocutore non è un partner o un amico ma quella parte di me alla ricerca di una nuova relazione con l’Universo.
Penso che la canzone più bella del disco sia “Oggi no”. Com’è nata? Ce ne parli?
“Oggi no” è il pezzo dell’album che ho scritto per ultimo. È nato di mattina, al risveglio; mi sono messa al piano ed è uscito spontaneamente, in un momento di malinconia.
Il singolo “Mare” invece racconta di migranti. Tu credi nel genere umano?Socialmente parlando, cos’è che ti fa incazzare davvero?
Quando guardo gli esseri umani da vicino ci credo veramente, quando osservo le masse e questo populismo imperante mi arrabbio. La storia agisce su due livelli: quello al di sopra del singolo di fronte a cui ti senti impotente e quello del singolo, il cui immenso potere può cambiare il corso degli eventi. C’è chi salva vite in mare, chi canta per un mondo migliore, ognuno può usare la propria voce per abbattere muri e barriere. Farlo insieme è il più bel gesto di umanità a cui possiamo aspirare di fronte alla violenza e all’imbarbarimento. Il singolo “mare” parla di migranti ed è stato accompagnato da una campagna di supporto nei riguardi delle Ong impegnate a salvar vite nel Mar Mediterraneo. Spero nel mio piccolo di aver contribuito a fare qualcosa di buono.
Sono stati necessari tre anni di lavoro per realizzare “10”. Come mai una genesi tanto lunga?
In realtà in questi tre anni ho portato avanti anche altri progetti, motivo per cui non sono stata concentrata solo su questo lavoro. In fondo “10” è un disco in divenire, si è sviluppato progressivamente, mentre ero anche impegnata a fare altro. Ho scritto tanto, poco alla volta, e poi ho raccolto il frutto di questo periodo di cambiamento e di attività ininterrotta.
Parliamo delle sonorità del disco e della tua voce spaziale, eterea: il risultato è un dream-pop cha sembra attingere da Bjork o dai Massive Attack. Quali sono le influenze musicali di questo album?
Il produttore, Philippe Millner, ha portato nell’album un immaginario nordico, etereo, impalpabile mentre io, che amo le spigolosità dell’indie, ho contribuito alla realizzazione di suoni più quadrati. Insieme abbiamo creato un’atmosfera sfuggente, malinconica, sospesa.
Da tempo ormai risiedi a Berlino. Com’è la scena musicale in questo momento?
Berlino è un palco immenso, variegato, eclettico. Ogni giorno mi ritrovo ad ascoltare nuovi artisti che mi piacciono, per scoprire che vivono a Berlino da tempo, come me. Esistono scene artistiche parallele e in costante contaminazione in città; Berlino la definirei come un insieme poliedrico di scene mutanti. Ho suonato tantissimo anche a Milano che ho lasciato nel 2007. Ora credo sia musicalmente diversa rispetto ai tempi in cui ci vivevo.
A parte quella che suoni, che musica ascolti?
Mi piace moltissimo la musica vintage della prima generazione, quella per intenderci degli anni ’60-’70. Amo anche le voci femminili: l’ultimo album di Billie Eilish è una bomba, un perfetto esempio di buona musica pop. Ascolto e apprezzo Lana Del Rey, molto produttiva, per nulla ripetitiva; sono sempre curiosa di sentire di cosa parlano i suoi testi, stralunati e affascinanti; anche la scelta artistica che porta avanti mi interessa: quel tocco vintage, l’uso dei riverberi…e poi Erykah Badu la cui musica è senza tempo, o Solange che mi riporta a Stevie Wonder dei primi tempi…
A proposito di donne, ho letto che hai aperto uno dei primi tour della Winehouse quando non era ancora troppo famosa…
Correva l’anno 2008. Vivevo da pochissimo in Germania ma ero tornata temporaneamente in Italia dopo aver vinto un concorso dell’Heineken JamminFestival. Avevo avuto la possibilità di recarmi a Milano in studio a registrare il disco. All’epoca ero seguita da un’agenzia di booking che mi aveva proposto questa cosa: aprire i concerti della Winehouse in Germania. Accettai. Ricordo perfettamente la serata di Monaco, meravigliosa!
Rispetto al tuo album, che progetti hai per il futuro?
Andrò prestissimo in tour; venti date sono già state annunciate e una solamente sarà in Italia, a Milano al circolo Ohibò…vi aspetto.