18 novembre 2019
Ma sono stati proprio così stolti i governanti italiani a dire “non sapevo” dopo tutta la storia dei Mittal? Perché hanno affittato (affittato!!) a un soggetto noto e arcinoto per le pregresse condotte in Europa?
Vi hanno dedicato persino un film, lo abbiamo proiettato a Taranto, ma chi ci governa e ci ha governato ora cade dalle nuvole.
E’ venuto il momento di dire le cose come stanno, senza infingimenti. Diciamolo chiaramente: le colpe non stanno in Mittal ma nei governi italiani che, pur di scaricare la patata bollente, hanno delegato a un privato la scelta scomodissima di chiudere l’ILVA, una scelta inevitabile dati i conti in rosso per cinque miliardi di euro, e che era impopolare fare da Roma.
Questa cosa PeaceLink l’aveva prevista e scritta fin dall’inizio, e anche la politica l’aveva astutamente studiata, tenendola nel silenzio della propria exit strategy. Era chiaro, chiarissimo.
Ma adesso tutti a gridare contro Mittal, come da copione. Era tutto scritto, era tutto previsto. Era un copione da recitare al momento giusto. E il momento è venuto. Una vergogna tutta italiana.
Nazionalizzare l’Ilva è il solo modo per fermare la macchina assassina?
17 novembre 2019
“Nazionalizzare l’Ilva è il solo modo per fermare la macchina assassina”. Questo è il titolo con cui appare oggi sul Manifesto un articolo di Marco Revelli (vedere file allegato a questa pagina web).
E’ un articolo molto bello all’inizio. Cita dati e si schiera dalla parte giusta, ossia dalla parte delle vittime dell’inquinamento.
Ma arriva a conclusioni prive di ogni cognizione tecnologica ed economica, auspicando una “nazionalizzazione” che non fermerebbe la “macchina assassina” ma che le consentirebbe anzi di proseguire nella produzione. Revelli non fa alcun riferimento alla valutazione preventiva del danno sanitario, senza la quale si consentirebbe la prosecuzione di una produzione pericolosa, anche se nazionalizzata. E il titolo è brutto: non esiste un solo modo e una sola soluzione nel problem solving.
Revelli vuole “nazionalizzare”? Ma dica chiaramente due cose:
1) quali impianti fermare subito prima di provocare altre vittime;
2) quale piano industriale consentirebbe – in queste condizioni di mercato – di produrre gli utili?
La “nazionalizzazione” avrebbe senso se producesse utili. Ma senza il raddoppio dell’attuale produzione non vi sono gli utili per un loro uso sociale. Il mercato oggi non consente questo. E’ strutturalmente caratterizzato da un eccesso di capacità produttiva. E ILVA arriva al punto di pareggio costi/ricavi solo a 7 milioni di tonnellate/anno, un livello che impossibile da raggiungere oggi.
La nazionalizzazione è l’ultima pericolosa carta che sta giocando una sinistra priva di prospettiva e di conoscenza della realtà industriale, compiendo un grande regalo ai suoi storici avversari, che puntano sul soccorso statale nei momenti di crisi per poi privatizzare i profitti nei momenti migliori.