di Ilaria Grasso
Nella tradizione dell’amor cortese era presente il culto della donnacome un essere irraggiungibile. Di un’irraggiungibilità tale da essere oggetto di venerazione. Il cavaliere si innamora della moglie del signorotto della contea o di una suora o di una donna già impegnata o di un rango superiore al proprio d’origine. L’amante al suo cospetto era umile servitore. È l’unica possibilità per starle accanto e godere così della sua presenza. In questa splendida poesia della Duffy, prima poeta laureata omosessuale del Regno Unito, troviamo la rappresentazione di questa dinamica d’amore dove chi desidera è una donna che desidera un’altra donna, nella fattispecie la sua “padrona”. La domestica in questione ha un compito molto particolare molto in uso in epoca vittoriana e cioè quello di scaldare la collana alla sua “Signora”. Questa sua condizione le consente di coccolarla, prendersi cura del suo corpo e la sua pelle con la possibilità di spazzolarle i capelli o incipriarle il corpo. Tra le perle e i profumi il desiderio cresce anche se non può essere realizzato e così le perle come il cuore si raffreddano nell’impossibilità di vivere quella passione, quel desiderio e quell’amore.
Scaldare le sue perle
Accanto alla mia pelle, le sue perle. La mia padrona
mi dice di portarle, di scaldarle sino a sera
quando le spazzolerò i capelli. Alle sei le metto
intorno alla sua gola fresca, bianca. Per tutta la giornata penso a lei
che riposa nella Stanza Gialla, che contempla la seta
o il taffetà, che indosserà stasera? Si sventola
mentre lavoro di buon grado, mentre il mio calore entra lentamente
in ogni perla. Lento, sul mio collo, il suo laccio.
Lei è bella. Io la sogno
nel mio letto in soffitta; me la figuro che balla
con uomini alti, confusi dal mio vago odore diffuso
sotto al suo profumo francese, alle sue pietre di latte.
Le inciprio le spalle con uno zampino di lapin,
osservo il morbido rossore filtrarle attraverso la pelle
come un sospiro indolente. Nel suo specchio
le mie labbra si separano come se volessi parlare.
Luna piena. La sua carrozza la porta a casa. Vedo
ogni sua mossa nella testa… Mentre si sveste,
si toglie i gioielli, la sua mano sottile raggiunge
l’astuccio, nuda scivola a letto, così
come fa sempre… E io resto qui sveglia,
sapendo che le sue perle si stanno raffreddando anche ora
nella stanza dove la mia signora dorme. Per tutta la notte
sento la loro assenza e ardo.
Da CORPOREA – Le Voci della luna Circolo Culturale
Traduzione di Anna Maria Robustelli