di Libera Capozucca
E’ sempre un bel momento quando riesco a condividere con gli altri una passione che mi accende, perché le cose belle sono più belle se vissute insieme. Oggi posso ribadirlo con convinzione, dopo che il secret concert dei Leda, lo scorso venerdì a Milano, ha piacevolmente avvicinato le persone attraverso la musica.
La band marchigiana si è esibita in duo, voce e chitarra, presentando alcuni pezzi dell’album “Memorie dal futuro”, di fronte ad un pubblico selezionato e attento. All’interno di una graziosissima boutique di abbigliamento francese, in una vietta vicina al centro, i trenta invitati hanno preso posto intorno a me e ai Leda con cui ho avuto il piacere di chiacchierare tra un pezzo e l’altro. L’elemento umano della musica dei Leda, quel senso di rivolta unito ad una vaga malinconia post-atomica – vero faro del rock crudo dell’album, tradotto in acustico per la serata – ha catturato tutti.
Aria pensosa, gesti sobri, musica in punta di dita, sono stati gli ingredienti di un’esibizione raccolta e contenuta, mai sbilanciata, in equilibrio perfetto tra ragione e sentimento. Mentre Enrico Vitali accarezzava le corde della sua chitarra con tocco garbato, la voce di Serena Abrami disegnava quadri impressionisti e rassicuranti, lontani dal gusto shoegaze del disco, ma non meno intensi. L’elogio al “rock da camera” della serata è piaciuto a tutti, creando un’atmosfera suggestiva.
È come se i Leda avessero lavorato per sottrazione al disco, purificandolo dal rumore e ammantandolo di grazia. La bellezza della musica ha conquistato gli ospiti, interessati ad indagare il percorso artistico della band e la storia dell’album, anche grazie al dialogo tra gli artisti e chi scrive. Così il piccolo atelier Les Parigotes, che ha ospitato l’evento, si è cambiato d’abito per l’occasione, trasformandosi in un tempietto della musica dove ogni spazio vuoto, tra note e parole, è stato riempito dal brusio di un pubblico acceso e partecipe.
Applausi, musica, discorsi e canzoni hanno reso il secret concert dei Leda un gioco di attese e conferme, di confronto e di condivisione giocosamente privato ed intimo. Non si misura anche così la bellezza?
Foto di Nicolas Teodori