Galbiati: “’Il risolutore’, il tuo romanzo sulla vita di Gian Ruggero Manzoni, è una lettura tosta, sono quasi 500 pagine fitte e dense di contenuti non facili da digerire.”
Giannubilo: “E considera che inizialmente il libro era lungo quasi il doppio, perciò ho dovuto scremare parecchio.”
Galbiati: “Come possiamo definire ‘Il risolutore’? Mi sembra un’opera composita, che comprende biografia, autobiografia, metaletteratura, non facile da classificare.”
Giannubilo: “È stata una questione che mi sono posto a lungo, e in principio pensavo si trattasse di un ‘romanzo verità’. Poi, confrontandomi coi miei agenti abbiamo convenuto che il termine che meglio lo caratterizza è quello di bio-fiction, considerando la decisiva quota di invenzione che contiene. Si tratta cioè di una biografia dove tutte le situazioni descritte (le missioni di Manzoni per i Servizi segreti, i suoi fatti personali) sono vere, ma vengono narrate con ampie parti inventate (i dialoghi, i dettagli) necessarie a colmare le lacune del racconto che Gian Ruggero Manzoni mi ha fatto durante le conversazioni che abbiamo avuto.”
Galbiati: “A mio parere, il primo capitolo dice già molto sia sui contenuti che sul linguaggio. Il romanzo riguarda fatti che hanno un carattere di eccezionalità, perché la vita di Manzoni non è stata ordinaria, e la scrittura presenta un lessico molto vario e ricercato, con un stile magniloquente che si adatta ai contenuti.”
Giannubilo: “Ho cercato di utilizzare un linguaggio che facesse una sintesi tra esigenze diverse: la biografia, il racconto poetico e il racconto picaresco; inoltre, per quanto riguarda gli episodi della spy-story, la lingua doveva scendere dentro la carne nuda, per essere efficace. A metà del testo, poi, arrivano le scene di guerra, che costituiscono un giro di boa nella biografia di Manzoni: in quel caso il linguaggio assume connotati epici. Mi riferisco in particolare alla missione ‘Bosnia 2’, che ho descritto in modo molto dettagliato, quasi sproporzionato, come se costituisse un racconto a parte, per l’importanza che ha avuto nella vita di Gian Ruggero. I cinque anni e mezzo che mi ci sono voluti per confezionare quest’opera, lavorando per sei ore al giorno, tutti i giorni, sono stati per me un tour de force linguistico in cui ho cercato il tono adatto per narrare questa vicenda, e per farlo in modo letterario, al di là del biografismo. Volevo che il linguaggio non avesse neanche un attimo di cedimento.”
Galbiati: “È una lingua che definirei sontuosa e forse un po’ dannunziana.”
Giannubilo: “Oddio, il D’Annunzio romanziere mi sembra troppo barocco. Io mi sono proposto di usare una lingua precisa, esatta. È vero che, come hai evidenziato, nelle parti epiche ci sono aspetti magniloquenti nel linguaggio, del resto si descrive la guerra. Però ho cercato di tenermi distante da tutto quello che suonasse ridondante e barocco. D’annunzio non è tra i miei riferimenti letterari.”
Galbiati: “Un’altra peculiarità che attribuirei alla lingua che usi è il mimetismo, perché sa adattarsi alle più disparate situazioni della vita di Manzoni, dal suo lavoro di deejay al Pipistrello, il locale di famiglia, a quello di legionario in Bosnia. Sembra quasi che la rievocazione di quei fatti sia narrata in prima persona.”
Giannubilo: “È un’osservazione congrua la tua perché nella redazione del testo mi sono basato sul racconto orale di Gian Ruggero Manzoni sulla sua vita. Io ho messo il mio sguardo su un materiale che mi è stato proposto in prima persona, e quando si entra nel vivo delle situazioni, il punto di vista è il suo, potremmo dire che si sente la sua voce.”
Galbiati: “Il romanzo è scandito da una data spartiacque nella vita di Gian Ruggero Manzoni, il 10 marzo 1977, quando viene arrestato per le strade di Bologna con una Walther P38 insieme al suo amico Curzio. C’era la legge Reale, e fu processato per direttissima. Tramite amici del padre, riuscì a commutare la pena con il servizio nelle Forze Armate. Fu arruolato in marina, e poi nel Servizio segreto militare, il Sismi, per il quale svolse missioni, in patria e all’estero, molto drammatiche, spesso con l’incarico di uccidere. Il suo ruolo di risolutore gli dava carta bianca su come risolvere gli imprevisti. A questa attività, saltuaria ma estremamente condizionante, Manzoni riuscì ad affiancare, quasi fossero due universi paralleli, la sua carriera d’artista. Inoltre, in alcuni casi accettò di compiere missioni pericolose per conto terzi, esclusivamente per motivi economici.
Tra i personaggi della prima parte del libro spicca Rodolfo Sparvieri, il suo primo mentore a militare a Brindisi, in marina.”
Giannubilo: “È un grande personaggio.”
Galbiati: “Ed è il primo a dare consigli a Gian Ruggero, che gli sarebbero serviti nel suo successivo lavoro nei Servizi, quando lo incaricarono di uccidere.”
Giannubilo: “Esatto, lo esortò a non guardare negli occhi il suo bersaglio al momento di premere il grilletto, e a pensare di avere davanti non un uomo, bensì qualcos’altro. Gli dice: ‘fai finta di sparare a un sacco, a un maiale’.”
Galbiati: “Sparvieri è un personaggio inquietante, e a volte alcune scene che lo hanno come protagonista sembrano un po’ romanzate.”
Giannubilo: “Ti assicuro che quelle parti sono veritiere. Questi personaggi del sottobosco militare, compresi criminali che si smacchiavano la fedina penale andando nella Legione straniera, esistevano davvero, è un mondo lontano da quello comunemente conosciuto, ma reale.”
Galbiati: “Un altro personaggio notevole è Lincoln, il suo capo nei Servizi segreti militari, con il quale ogni tanto Manzoni scambia delle battute colte sui testi latini.”
Giannubilo: “In quel caso, ho calcato un po’ la mano. Manzoni non mi ha mai detto chi fosse Lincoln nella realtà, per cui nel ritrarlo ho dovuto compensare con la fantasia, e ne è uscito quasi un latinista, fatto quanto meno insolito per un militare. Però è vero che aveva studiato al liceo classico e a quei tempi si studiavano a fondo i testi classici latini, perciò era plausibile che parlasse fluentemente il latino.”
Galbiati: “Lavorando per il Sismi, la vita di Manzoni ne resterà segnata per i forti stress mentali, curati con gli psicofarmaci, che nondimeno gli causeranno somatizzazioni come il morbo di Crohn. Quando Gian Ruggero inizia a fare il risolutore, tu parli di una ‘discesa agli inferi’…”
Giannubilo: “Fu una scelta tragica. E il padre se ne sentì colpevole fino al momento della morte.”
Galbiati: “D’altro canto, pur maledicendo la sua attività di risolutore, Manzoni vuole eccellere nel suo incarico. Per esempio, quando da giovane lo mettono nella cella di isolamento, per saggiare la sua tenuta psicofisica, lui cerca di resistere il più possibile…”
Giannubilo: “Sì, perché Manzoni è un istrione, un mattatore, si carica psicologicamente quando è davanti a un pubblico. Teniamo conto poi che aveva una ventina d’anni ed era un ragazzo che aveva acquistato sicurezza dopo un’infanzia e un’adolescenza molto difficili. C’è quindi nel suo agire una questione aperta di riscatto nei confronti del mondo, perciò in certi casi si dà la zappa sui piedi e fa di tutto per uscire trionfante sulla prova che gli si presenta. E questo è ciò che ancora caratterizza Gian Ruggero: ha una visione della vita improntata alla sfida, molto performante, per cui ogni occasione che lo vede su un palco, si concluderà con lui che dà il suo meglio. Questa sua caratteristica è iniziata quando si è ribellato a al ruolo di ragazzo bullizzato ed è diventato un toro di paese.”
Galbiati: “Infatti ‘Manzo’ è uno dei suoi nomi di battaglia. Si potrebbe dire che Manzoni ha un atteggiamento controfobico, se vogliamo usare un termine psicologico, ossia che di fronte alle sfide reagisce in modo spavaldo, prendendole di petto e rischiando più del dovuto.”
Giannubilo: “È esattamente così. Poi, con il tempo, questa sua tendenza si ammorbidisce, perché laddove guarda la morte in faccia, le cose cambiano. Finché si tratta di premere il grilletto alle spalle di una persona, sei tu il predatore. Ma quando ti ritrovi con un pezzo di ferro in pancia, lì l’attitudine che hai evidenziato subisce un bel rinculo: il destino ti sta schiaffeggiando per farti svegliare.”
Galbiati: “Nel complesso, ho contato nel libro 16 missioni di Manzoni.”
Giannubilo: “Interessante, pensa che non avevo mai fatto questo conto.”
Galbiati: “La prima è a Bologna, poi c’è Roma, dove uccide per la prima volta. Poi Beirut (Libano I), Marsiglia (per denaro), Beirut di nuovo (Libano II), Livorno (per denaro), corriere tra Verona e Roma (per denaro), di nuovo Marsiglia (per denaro), buttafuori nel Monferrato e in Brianza (per denaro) e la decima è a Praga. Quest’ultima è una delle missioni più drammatiche: Manzoni e il suo compagno sono inseguiti da un misterioso automobilista, che infine decidono di eliminare, non senza molte esitazioni e rimuginazioni.”
Giannubilo: “Quando Gian Ruggero mi narrava la storia delle sue missioni, io pensavo che probabilmente la stava un po’ colorando, ma in realtà mi sono accorto che ogni singolo dettaglio era ben impresso nella sua memoria, perché talvolta mi raccontava due volte la stessa storia, e con la stessa dovizia di particolari della precedente, che magari mi aveva raccontato un anno prima. Questa è una delle ragioni per cui ho pensato che stesse dicendo la verità, perché agli inizi ne dubitavo. La missione a Praga, conclusasi con il tatuaggio delle corna del diavolo, a significare che la mano del diavolo lo aveva guidato nel decidere di eliminare il suo inseguitore, mi ha messo alla prova. Diciamo che, quando ho notato la sua convinzione di aver agito per via di una volontà diabolica, ho vacillato, e infatti nel testo esprimo i miei dubbi sul proseguire a scrivere il libro, chiedendomi: ‘Con chi sto avendo a che fare? Forse mi conviene fuggire.’ Però bisogna considerare che in quei momenti, durante la missione, ci sta che fosse immerso in un loop di suggestioni dettato dal fatto che era entrato in un’altra dimensione mentale.”
Galbiati: “Proseguendo con le missioni, abbiamo Venezia, Bosnia I e Sarajevo (Bosnia II), a cui abbiamo già accennato.”
Giannubilo: “È stata uno choc per Gian Ruggero la seconda missione in Bosnia, perché prima non aveva ancora visto scene orrorifiche di quel livello di mostruosità. Lì si trova dentro una guerra vera e propria, e il suo atteggiamento di sfida si attutisce.”
Galbiati: “Ci sono anche circostanze nuove, famigliari, che gli suggeriscono un nuovo contegno, come la nascita della figlia.”
Giannubilo: “Non è un caso che la nascita della figlia e il suo tentativo di cambio di passo siano contemporanei, perché quando viene inviato nella prima missione in Bosnia è già titubante, ma quando lo rimandano protesta, prima ancora che gli succeda di rischiare la vita per la scheggia in pancia.”
Galbiati: “Concludendo l’elenco delle missioni, la quattordicesima è a Belgrado (dove si svela un retroscena politico che costituisce un vero e proprio scoop giornalistico), poi in Georgia, da volontario, perché nel frattempo aveva ottenuto il congedo da militare e infine in Afghanistan, ancora da volontario.”
Giannubilo: “Le ultime due missioni sono il canto del cigno. Le considero un colpo di coda del demone che lo aveva guidato nelle missioni precedenti.”
Galbiati: “Io mi sono appassionato alla storia che hai raccontato al punto che ogni tanto mi è venuta rabbia per il destino toccato in sorte a Gian Ruggero, e mi sono chiesto: ‘Possibile che Manzoni sia rimasto invischiato per 25 anni con il servizio militare quando il suo amico Curzio se l’è cavata con qualche mese di carcere?’ Per quale motivo ha deciso di firmare per la commutazione della pena?”
Giannubilo: “Perché né lui né il padre sapevano cosa gli sarebbe toccato affrontare. Spaventati com’erano, avevano fatto il conto della serva e considerato che oltre alla galera ci sarebbero stati anche dei problemi per il prosieguo della vita del ragazzo. Per esempio, c’era l’impossibilità di lavorare nello stato, con la fedina penale sporca. E poi l’idea di accettare la commutazione della pena pone sempre molti interrogativi sulla durata della commutazione. Io scrivendo il libro ho immaginato che i suoi genitori pensassero che magari sarebbe stato inserito in un corpo speciale dell’esercito, oppure che sarebbe rimasto a disposizione per alcune emergenze, quindi che non avessero chiaro il quadro che si stava profilando. Perciò, quando gli hanno proposto di commutare il carcere per la detenzione illegale di un’arma con il servizio nell’esercito, loro non erano minimamente consapevoli di cosa gli sarebbe successo, a lungo raggio, nel futuro. Curzio invece ha deciso di non accettare la commutazione della pena per ragioni ideologiche, e se consideriamo che è stato lui a dare la pistola a Manzoni… Siamo di fronte all’ironia della sorte.”
Galbiati: “E come hai scritto in seguito, l’altro aspetto ironico della vicenda è che Manzoni non aveva mai nemmeno sparato con una pistola, e poi, come pena per il fatto di avergliela trovata, lo costringono a uccidere.”
Giannubilo: “Infatti, è stata un’ironia tragica. Ti arrestiamo per il possesso di una pistola e ti condanniamo a uccidere. È una contraddizione in termini, ma è solo uno dei paradossi che può succedere nella vita, e lui ci è finito dentro con tutt’e due i piedi.”
Galbiati: “Per quanto riguarda la tecnica narrativa, ho notato che, pur essendo un romanzo denso, in cui ci sono tantissime informazioni e citazioni (dalla musica ai film, dalla storia alla politica), una delle sue principali qualità è la scorrevolezza, cioè a mio parere sei riuscito, creando una forma narrativa frammentaria ma che procede con disinvoltura, a proporre un accumulo di situazioni e contenuti drammatici e ostici che il lettore – questa è stata la mia esperienza personale – si ritrova a leggere e a incamerare quasi di fretta, con il risultato di rimanere agganciato alle vicende del protagonista.”
Giannubilo: “Non ci sono passaggi morti. Inizialmente, avevo concepito come momenti più distensivi, volti a far respirare il lettore, alcune parti sulla vita artistica di Manzoni, sulla sua attività di scrittore e pittore, ma in questo modo risultava una mole di pagine incredibile, e quindi, dovendo sacrificare qualcosa, ho deciso di sacrificare queste pagine più leggere.”
Galbiati: “In effetti, ti sei soffermato sulla descrizione dei fatti più salienti della sua vita e questo secondo me è un pregio, perché produce uno scarto tra ‘Il Risolutore’ e la biografia tipica, dove la narrazione di solito accompagna il lettore passo a passo nella vita del protagonista. Al contrario, il tuo romanzo, seppure lungo, sembra quasi sintetico e dall’andatura veloce.”
Giannubilo: “Questo è un apprezzamento che mi fa molto piacere. A ben guardare, nel testo ci sono delle ellissi, tra una missione di Manzoni e la successiva, che a volte durano anni. È come se avvenisse una sospensione della narrazione, e in questi casi ho preferito riprendere dal fatto saliente successivo.”
Galbiati: “Tra le scene emotivamente più toccanti del libro ci sono la morte del padre, un ex partigiano, e gli ultimi dialoghi di Gian Ruggero con Andrea Pazienza, Pier Vittorio Tondelli e Giovanni Testori. Dev’essere stata un’esperienza forte, per te, ascoltare i racconti di Manzoni su questi accadimenti.”
Giannubilo: “Sì, soprattutto quando mi ha parlato della morte di suo padre. Considera che, quando ho ascoltato il suo racconto, mia madre era morta da quindici giorni, perciò è stata per me un’immersione ancora più profonda nel tema della perdita dei genitori. Venivo da un anno difficile, quasi da delirio, dove ero stato spesso al capezzale di mia madre in ospedale.”
Galbiati: “Alla fine chiedi a Manzoni perché ha rotto il silenzio, e lui dà due risposte: per riconciliarsi con se stesso e con Dio; e per far luce sulla storia. Tu cosa ne pensi?”
Giannubilo: “Io ho aggiunto una terza spiegazione, quella della sua componente narcisistica, perché la pubblicazione del libro ha avuto un’eco sulla sua persona fortissima. Questa componente narcisistica io non la giudico, sia chiaro, perché la ritengo consustanziale al fatto di essere un artista. Non conosco artisti che non abbiano questa componente, quindi sospendo assolutamente il giudizio.”
Galbiati: “È vero, a un certo punto scrivi: ‘Narcisismo o meno, ci voleva un gran coraggio per fare ciò che ha accettato di fare con me, e io glielo riconosco tutto.’ In questi casi, ti astrai dal racconto ed esprimi alcune tue valutazioni personali su Gian Ruggero Manzoni.”
Giannubilo: “Direi dubbi, più che valutazioni, che poi però mi si dissipano.”
Galbiati: “E, dopo i dubbi iniziali sull’affidabilità dei suoi racconti, verso la fine dichiari di aver sviluppato per lui un ‘contorto sentimento di empatia’, dovuto a una sorta di immedesimazione, ed esprimi la convinzione che quello che ha vissuto lui, in proporzione uno a cento lo hai vissuto anche tu ovvero la nostra generazione.”
Giannubilo: “Sì, credo che abbiamo in comune un certo senso di delusione, disincanto, rabbia che in noi si è incanalato in una dimensione di normalità. Nel caso di Gian Ruggero, vista la sua storia pregressa, con l’obesità e le sofferenze connesse, e le vessazioni che ha subito da piccolo, quella scintilla che si è accesa nella polveriera ha creato il caos, lo ha predisposto a una reazione forte ed esclusiva nei confronti della vita. Noi l’abbiamo saputa gestire meglio perché non avevamo uno stress biografico come il suo e magari anche perché geneticamente e ambientalmente avevamo una predisposizione più borghese.”
Appendice musicale (Playlist)
Nel testo si citano canzoni e artisti musicali che scandiscono le varie fasi della biografia di Manzoni e talvolta di Giannubilo. Ecco una playlist ragionata:
1) U2: One
2) Nick Cave: Jubilee Street
3) Van Der Graaf Generator: Godbluff (intero album)
4) Skiantos: MONO tono (intero album)
5) Sylvie Vartan: Zum Zum Zum
6) Patty Pravo: La Bambola
7) I Camaleonti: Applausi
8) David Bowie: Space Oddity
9) MitropaNK – CCCP – Fedeli Alla Linea (omaggio all’intero gruppo)
10) Skiantos: Ti Rullo Di Cartoni
11) Nick Cave: Jubilee Street (Reprise)
12) Wham!: Last Christmas
13) Tears For Fears: Shout
14) Velvet Underground (omaggio all’intero gruppo)
15) Depeche Mode (omaggio all’intero gruppo)
16) Jubilee Street (Reprise n. 2)
17) Wolgang Amadeus Mozart (omaggio al compositore)
18) Franz Schubert: La Trota
19) Georg Friedrich Haendel: Concerto per arpa in Si bemolle
20) Antonin Dvorak (omaggio alle sue sinfonie)
21) Claude Debussy: Quaderni
22) Nick Cave: Jubilee Street (The End)