di Marta Cutugno
Catania. Ripetuti applausi a scena aperta per Cavalleria Rusticana e Pagliacci, in programmazione al Teatro Massimo Bellini fino al 12 marzo. Due rappresentazioni dai cast di tutto rispetto e dall’interessante impianto scenografico ideato da Lino Privitera che firma anche la regia e le coreografie. Una scelta di programmazione che celebra non soltanto i due massimi capolavori operistici di stampo verista ma che è anche un chiaro omaggio allo scrittore etneo Giovanni Verga, nel centenario della sua morte. L’abbinamento delle due composizioni è antico, venne proposto fin dall’anno successivo al debutto di Pagliacci e nel 1926, addirittura, fu Mascagni in persona a dirigere i due titoli al Teatro alla Scala di Milano.
Quando Mascagni venne a sapere del Concorso Sonzogno mancavano soltanto due mesi alla chiusura dei termini e dunque, in tutta fretta, iniziò uno scambio di cartoline con i librettisti Menasci e Targioni-Tozzetti. Il compositore completò Cavalleria Rusticana l’ultimo giorno valido per l’iscrizione al concorso. E la partitura fu spedita dalla moglie, di soppiatto, nonostante le sue molte perplessità. Il progetto compositivo di Pagliacci – che è un esempio di Teatro nel Teatro in cui la finzione si mescola irrimediabilmente alla realtà – si ispira ad un fatto di cronaca nera accaduto in provincia di Cosenza nel 1865, a Montalto Uffugo, dove il padre di Leocavallo, Vincenzo, era magistrato.
Nell’allestimento catanese, il filo vibrante delle emozioni veriste che si intreccia in questi due atti unici trova potenza dirompente nelle scelte registiche e scenografiche. Più in Cavalleria che in Pagliacci, Privitera lascia che sulla scena esplodano e si propaghino le passioni e i tormenti che travolgono e affliggono tutti i personaggi coinvolti. Amore, passione, gelosia e vendetta risiedono nell’attesa di ogni movimento, uno studio di precisione e di nitidezza che ha ricevuto immediato consenso da parte del pubblico presente in sala.
La struttura sullo sfondo ricorda la facciata laterale di una chiesa su cui viene proiettato un mare in tempesta, un cielo scuro squarciato da saette, il volo di gabbiani al tramonto del giorno, metafora della vita che finisce. Una scalinata ed un insieme di rocce bianche fanno da cornice ad un Calvario, ai piedi della croce sembrano appoggiarsi delle pietre di forma sferica unite tra loro come fossero grani di un rosario, un oggetto simbolico che Mamma Lucia donerà a Turiddu prima che lui sparisca per andare ad affrontare Compar Alfio. La fede religiosa legata al giorno di Pasqua, che è lo spazio temporale contenente i fatti di Cavalleria, assume contorni palpabili. Per quest’opera, che alla fine il Concorso Sonzogno lo vinse e che venne alla luce per corrispondenza, è portata in scena una sorta di Passione vivente, a partire dal Cristo morto in croce e deposto durante l’Ouverture che riapparirà risorto nel celebre “Inneggiamo”, un momento di grande intensità con la discesa di un velo su cui, in trasparenza, verranno alzati i riflessi di grandi candele accese in segno di veglia. La devozione conquista anche il finale con il giovane Turiddu condotto esanime ai piedi della croce con vicino mamma Lucia come la Vergine Addolorata. Per Pagliacci l’impianto scenico di base resta più o meno invariato a differenza di un enorme drappo rosso che copre in parte la parete rocciosa e con un grande orologio sospeso a destra della scalinata. Lo sfondo richiama in proiezione bambole, giostre, giocattoli e moltissimi fiori, margherite, girasoli, campanule, che ondeggiano al vento di Montalto Uffugo. Ma nell’atto unico di Leoncavallo, il pezzo forte della scena è, indubbiamente, una gigante scatola di cartone che si tramuterà nel palcoscenico della compagnia itinerante di Canio.
Eccellenti i cast impegnati nella recita di domenica 6 marzo. Per Cavalleria, in scena Alessandra Di Giorgio in buonissima forma. Il soprano ha regalato una Santuzza estremamente credibile e appassionata, dall’ espressività vocale incisiva ed ampia ed una presenza scenica imponente. L’ottimo Zi-Zhao Guo è Turiddu: eccezionale nella proiezione vocale, un canto, il suo, pieno ed estremamente sonoro. I due artisti hanno letteralmente rapito il pubblico nell’ interpretazione di un duetto d’amore di altissimo livello. Bravissima Sabrina Messina che, avvolta nell’ abito rosso acceso di Lola, irrompe sulla scena con le sue indiscusse doti vocali e interpretative.
Nella rappresentazione del doloroso fatto realmente accaduto che Leoncavallo trasferì in musica nell’arco di cinque mesi, firmando non solo la partitura ma anche il libretto, spicca Daniela Schillaci nel ruolo di Nedda che sfoggia brillante vocalità, grande padronanza dei registi e struggente espressività. Piero Giuliacci è un Canio sicuro e apprezzabile. Il suo canto è di bellezza antica, nel senso più profondo del termine, dai suoni timbrati e armonici, sottili e squillanti quando opportuno. Applausi intensi per Giuliacci, soprattutto dopo le potenti emozioni scatenate dall’interpretazione di “Vesti la giubba”.
In buca, l’Orchestra del Teatro Bellini che ha eccellentemente sorretto la messa in scena con sonorità ora accese e passionali ora sentimentali e languide, sotto la puntualissima direzione del maestro Antonio Pirolli. E fortissime le emozioni regalate dal Coro del Teatro Bellini diretto da Luigi Petrozziello. In scena anche il Coro Interscolastico di voci bianche Vincenzo Bellini, diretto da Daniela Giambra. I costumi sono firmati da Alfredo Corno.
Fino al 12 marzo per Cavalleria Rusticana si alterneranno nei ruoli Alessandra Di Giorgio, Erika Beretti, Marianna Cappellani (Santuzza), i tenori Angelo Villari, Piero Giuliacci, Carlo Ventre, Zi-Zhao Guo (Turiddu), i baritoni Lucian Petrean, Luca Grassi, Solen Alla (Alfio), il soprano Sabrina Messina (Lola), il mezzosoprano Sonia Fortunato (Mamma Lucia). E ancora Salvina Rapisarda (una popolana).
Nel cast etneo di Pagliacci si alternano invece Daniela Schillaci e Maria Tomassi (Nedda), i tenori Piero Giuliacci e Rubens Pelizzari (Canio), i baritoni Lucian Petrean, Luca Grassi, Solen Alla (Tonio), i tenori Marco Puggioni e Enrico Zara (Beppe), i baritoni Francesco Verna ed Enrico Marrucci (Silvio). Nelle parti di fianco Massimiliano Bruno e Alessandro Vargetto (primo contadino); Giovanni Monti e Marcello Pace (secondo contadino).
Per entrambi gli allestimenti si segnalano i contributi dell’assistente alla regia Hakik Xhani, dell’assistente ai costumi Giovanna Giorgianni, del videomaker Florian Ganga, del graphic designer Benedetto Coco, del light designer Andrea Iozzia, del direttore degli allestimenti scenici Arcangelo Mazza.
foto di Giacomo Orlando